N. 50 (2015)

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EDITORIALE

La «Rivista italiana di musicologia» compie cinquant’anni. Non vogliamo prendere la ricorrenza a pretesto per uno sfoggio di retorica celebrativa, né ripercorrere ancora una volta la storia della rivista (cui altri hanno già provveduto: Paola Besutti, nel fascicolo del 2005, ha efficacemente delineato un quadro dei primi quarant’anni di storia della RIdM), né tantomeno annoiare il lettore con una pleonastica presentazione del contenuto di questo volume. Ma non possiamo esimerci dall’avanzare qualche considerazione, più che altro di natura personale, in virtù del fatto che il cinquantesimo anniversario è un’occasione indubbiamente speciale. Molta acqua è passata sotto i ponti da quando – era il 1966 – faceva la sua apparizione l’«organo ufficiale della Società Italiana di Musicologia», pubblicato con il concorso dell’Accademia Musicale Chigiana e uscito dai torchi di Leo S. Olschki, che ne sarebbe rimasto l’editore sino al 2010. Il direttore Guglielmo Barblan, il condirettore Federico Mompellio e il comitato che presto li avrebbe affiancati diedero alla «Rivista italiana di musicologia», sin dai primissimi anni, quell’impostazione che l’ha sostanzialmente caratterizzata sino ai nostri giorni: contributi scientifici (saggi, documenti, rassegne bibliografiche) vi compaiono al fianco di interventi dedicati a questioni critiche o metodologiche e alle recensioni di lavori meritevoli di segnalazione. Negli anni, ai fascicoli della rivista si sarebbero aggiunti i numerosi Quaderni (1966-2002) che avrebbero ospitato, perlopiù, atti di convegni organizzati o patrocinati dalla SIdM. Le informazioni sulla vita societaria, che inizialmente la rivista si incaricava di trasmettere ai suoi lettori, sono state invece gradualmente estrapolate e consegnate a strumenti d’informazione appositi, il Bollettino prima e in tempi più recenti (dal 1998) il sito: entrambi hanno accolto le notizie su attività musicologiche nazionali e internazionali fattesi, negli anni, troppo numerose e ramificate per le pagine della rivista. La RIdM si è dunque progressivamente affrancata dal ruolo di «organo ufficiale» di una società musicologica nazionale – con la quale mantiene, beninteso, un rapporto organico e proficuo – per assumere quello di un periodico, rappresentativo della musicologia italiana, allineato agli standard delle più autorevoli riviste scientifiche internazionali. Né le forze societarie sono le sole cui attingere e cui rivolgersi: i conservatori, le università, i corsi di dottorato nel mondo assicurano alla rivista un serbatoio di collaboratori e una platea di lettori ben più larghi, come testimonia del resto la capillare diffusione della RIdM nelle biblioteche specialistiche internazionali. Scorrendo i primi numeri della rivista e seguendone l’evoluzione negli anni, salta anche all’occhio – e non potrebbe essere diversamente – quanta strada abbia percorso in cinquant’anni la musicologia italiana. Se alle origini la propensione a coltivare la ricerca erudita e gli studi antiquari o la vocazione archivistico-biblioteconomica erano preponderanti, se l’interesse per la contemporaneità e in generale per il Novecento musicale era sporadico, oggi queste tendenze sembrano ribaltarsi. La necessità di studiare le fonti o di censire nuovi fondi non è venuta meno, e continua a ispirare una parte consistente della ricerca musicologica; ma è ben più palpabile l’interesse per le questioni critiche e metodologiche di portata più ampia, per una visione storiografica di più largo respiro, per la musica del nostro tempo, per i repertori diversi da quello della musica ‘colta’. Oggi la RIdM non ha preclusioni nei confronti delle tematiche dibattute dalla musicologia internazionale e ospita saggi, recensioni e interventi su tutti gli argomenti della musicologia storica e sistematica e dell’etnomusicologia, cercando di collegare gli aspetti inevitabilmente specialistici della ricerca a una prospettiva storica e metodologica allargata e prestando attenzione a concepire i fenomeni musicali come parte integrante della cultura: un’attitudine, questa, che si è venuta sicuramente accentuando negli anni a noi più vicini. Anche per altri aspetti la rivista si allinea a tempi ed esigenze mutate. Gli strumenti informatici messi a disposizione del lettore – è stata portata a termine la digitalizzazione completa delle annate, che sono consultabili in rete e interrogabili secondo diverse chiavi di ricerca – ne facilitano la fruizione. La presenza della rivista in alcune banche dati internazionali, che in futuro sarà sempre più incrementata, va nella stessa direzione. La selezione dei contributi ha adottato procedure rigorose, basate sulla peer-review (la revisione tra pari, che implica un referaggio anonimo effettuato da esperti e comunicato al proponente), un sistema atto a garantire la qualità scientifica dei saggi pubblicati. E ancora, la via dell’internazionalizzazione, che la rivista ha imboccato decisamente: la costituzione di un’ampia rete di consulenti dalle competenze riconosciute e differenziate, in larga maggioranza stranieri o attivi presso università non italiane, l’adozione dell’inglese per i contributi di autori anglofoni, il fitto scambio con gli studiosi stranieri, indicano che la RIdM non aspira ad essere solo la cartina di tornasole degli studi italiani, ma anche una voce autorevole nel panorama musicologico internazionale. La scelta, del resto, è imposta dai fatti. In cinquant’anni la musicologia si è sempre più internazionalizzata, com’è accaduto ad altre discipline dell’area umanistica: oggi sarebbe problematico identificare una musicologia ‘italiana’ individuandone le tendenze, gli indirizzi, le caratteristiche metodologiche che permettano di riconoscere, sulla scena internazionale, la compattezza di una ‘scuola’. Accogliere testi rappresentativi di varie tendenze e di alto livello scientifico, assicurato da una selezione rigorosa, coprire una rosa ampia di argomenti e ambiti disciplinari, dare un contributo di qualche rilievo all’aggiornamento e al dibattito sulla musica, riconducendolo nell’alveo delle discipline umanistiche: questi gli obiettivi ai quali ci sembra debba puntare, oggi, una rivista musicologica che aspira ad avere un ruolo nella nostra cultura senza arenarsi nelle secche della specializzazione. Gli incoraggiamenti che ci giungono numerosi e da più parti ci spingono a proseguire su questo cammino. Questo numero della rivista, oltre a coronare i primi cinquant’anni della sua attività, conclude anche il triennio per il quale la Società Italiana di Musicologia ha accordato la sua fiducia al nuovo direttore e al nuovo comitato scientifico. Valuterà il lettore se abbiamo raggiunto gli obiettivi – qualità scientifica dei contributi, varietà di argomenti e di approcci metodologici, scrupolosa messa a punto redazionale dei testi – che ci siamo posti all’inizio del nostro mandato. Per la rivista si compie un ciclo, se ne apre un altro. Al termine di questo triennio voglio perciò ringraziare calorosamente i colleghi del comitato scientifico, gli autori dei contributi, i collaboratori di redazione, tutti coloro che ci hanno sostenuto con consigli, pareri, consulenze e in generale con la loro competenza e la forza delle loro idee. Un ringraziamento va anche ai colleghi del comitato direttivo e ai soci tutti della Società Italiana di Musicologia: l’interesse con il quale hanno seguito il nostro lavoro da un lato ha costituito una piacevole sorpresa, dall’altro ci ha onorato e incoraggiato nel nostro impegno. Alla «Rivista italiana di musicologia» auguriamo, nel suo cinquantesimo anniversario, di essere una voce sempre più importante e autorevole del dibattito e della ricerca sulla musica, continuando a dare, in questa veste, il suo contributo alla cultura del nostro tempo.

Pubblicato: 05/30/2015