Conservatorio di musica "Francesco Morlacchi" – Perugia

in collaborazione con l'Istituto Storico Germanico di Roma

con il patrocinio dell'Ambasciata della Repubblica Federale di Germania
e della Società Italiana di Musicologia

 

Convegno di studi in occasione del bicentenario della nascita di Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847)

Perugia, Auditorium del Conservatorio

4-5 dicembre 2009

Sommario degli Atti

Programma e resoconto 

Venerdì 4 dicembre 2009

ore 14.30 Benvenuto in musica

Felix Mendelssohn-Bartholdy: Notturno in Do maggiore per 11 strumenti (Eleonora Porzi, flauto; Marco Angioloni e Annalisa Tinti, oboi; Anna Laura Mariotti e Giacomo Poggiani, clarinetti; Piero Montanucci e Edoardo Filippi, fagotti; Francesco Agnello e Gabriele Ricci, corni; Lorenzo Cannelli, tromba; Andrea Passini, contrabbasso; direttore Claudio Paradiso)

ore 15.00 Saluti introduttivi

  • Stefano Bracci, Direttore del Conservatorio di musica "F. Morlacchi" di Perugia
  • Markus Engelhardt, Direttore della Sezione Musica dell'Istituto Storico Germanico in Roma
  • Guido Salvetti, Presidente della Società Italiana di Musicologia

presiede Markus Engelhardt

  • Bianca Maria Antolini, Fratelli e sorelle
  • Leonardo Miucci, La formazione pianistica di Mendelssohn
  • Francesco Scarpellini Pancrazi, La musica degli elfi: dallo studio al topos romantico
  • Guido Salvetti, Il problema formale nelle sinfonie giovanili
  • Wulf Konold, I quartetti con pianoforte

ore 19.30: Concerto di musica da camera

Felix Mendelssohn-Bartholdy: Trio in re minore op. 49; Quartetto in re minore MWV Q. 10 (Costantino Mastroprimiano, pianoforte; Fabio Ravasi, violino, Gianni De Rosa, viola; Marco Testori, violoncello)

Sabato 5 dicembre 2009

ore 9.30, presiede Guido Zaccagnini

  • Paola Maurizi, Fanny Mendelssohn e la sua attività compositiva 1819-1829
  • Christian Martin Schmidt, I Lieder giovanili di Mendelssohn
  • Costantino Mastroprimiano, Fantasie adolescenziali
  • Alessandro Solbiati, "Sonata Felix": adesione stilistica e composizione

ore 12.30: Aperitivo in musica

F. Mendelssohn/A. Solbiati: Sonata Felix (Azusa Onishi, violino – Sabina Belei, pianoforte)

ore 15.00, presiede Maurizio Biondi

  • Jacopo Pellegrini, Dalla Konversationsoper alla romantische Oper. L'esperienza teatrale di Felix Mendelssohn tra 'spettacolo' e ' teatro'
  • Maria Teresa Arfini, Mendelssohn tra Beethoven e Schumann: i Quartetti per archi op. 13 e op. 12
  • Pietro Zappalà, La musica sacra giovanile di Mendelssohn: una rilettura critica
  • Maria Grazia Sità, Una fatale congiuntura (storiografica): la ripresa della Matthäuspassion del 1829

 ore 18.30: Postludio all'organo

Felix Mendelssohn-Bartholdy: Praeludium in re minore (28 novembre 1820) / Andante in Re Maggiore (9 maggio 1823) (Jacopo Zembi, organo) / Ostinato in do minore (10 maggio 1823) / Nachspiel in Re Maggiore (Roma, 8 marzo 1831) (Biagio Quaglino, organo)

«Il giovane Mendelssohn» è un progetto a cura di Bianca Maria Antolini e Costantino Mastroprimiano


Resoconto

Nei giorni 4 e 5 dicembre 2009 si è svolto a Perugia, nell'Auditorium del Conservatorio di musica “F. Morlacchi”, il convegno internazionale di studi «Il giovane Mendelssohn», in occasione del bicentenario della nascita di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847). Organizzato dal Conservatorio “Morlacchi”, con il patrocinio dell'Ambasciata della Repubblica federale di Germania e della SIdM, e la collaborazione dell'Istituto storico germanico di Roma, il convegno si è aperto con un Benvenuto in musica, consistente nell'esecuzione del Notturno in Do maggiore per 11 strumenti, da parte del gruppo di fiati del Conservatorio diretti da Claudio Paradiso, cui hanno fatto seguito i saluti di rito del Direttore del Conservatorio Stefano Bracci, Markus Engelhardt (Direttore della sezione Musica dell'Istituto Storico Germanico in Roma) e Guido Salvetti (Presidente della Società Italiana di Musicologia).

Prima relatrice è stata Bianca Maria Antolini (Conservatorio di Perugia), che con un intervento intitolato Fratelli e sorelle, ha fatto rivivere l'ambiente e la situazione formativa del giovane Mendelssohn. In particolare, attraverso la lettura di testimonianze lasciate scritte da amici e frequentatori di Casa Mendelssohn, ha messo in luce come l'ambiente familiare sia stato assolutamente determinante nella formazione musicale di Felix. L'illustre ascendenza intellettuale ed economica della famiglia, i legami e la collaborazione tra fratelli favorirono una crescita culturale completa in ognuno dei quattro figli di Abraham e Lea. Sebbene tutti abbiano potuto vantare una consistente preparazione musicale, soltanto Fanny e Felix portarono avanti gli studi con rigore e impegno professionale. A loro furono riservati viaggi d'istruzione nei quali ebbero la possibilità di venire a contatto con illustri musicisti del tempo; per loro furono organizzate le Musiche della Domenica, particolari esibizioni domestiche nate come prolungamento delle lezioni individuali e proseguite in forma di autentici concerti offerti agli insigni frequentatori della casa. Benché le testimonianze affermino che i due fratelli maggiori Fanny e Felix abbiano avuto pari competenze musicali, soltanto Felix ottenne il permesso di dedicarsi professionalmente alla disciplina musicale, a differenza di Fanny, costretta dalla consuetudine del tempo ad una sorte diversa, convenzionalmente riservata alle fanciulle.
Leonardo Miucci (Hochschule der Künste, Berna) ha continuato la panoramica sulla caratteristiche giovanili di Felix Mendelssohn, articolando il suo intervento sulla formazione pianistica del musicista con un saggio dal titolo La formazione pianistica di Mendelssohn. Felix Mendelssohn può essere definito come uno dei migliori pianisti e organisti del suo tempo; ciò nonostante egli preferì seguire deliberatamente la vocazione di compositore alla carriera strumentistica. La sua formazione pianistica può essere distinta in tre periodi: una prima formazione compiuta in ambiente domestico, una seconda che collima con l'educazione scolastica offerta parimenti al giovane Felix e sua sorella Fanny, infine una terza a contatto di insegnanti conosciuti fuori della vita berlinese. Protagoniste principali della prima educazione pianistica furono sua madre Lea e la prozia Sarah Levy, entrambe abili suonatrici e con una competenza dignitosa, acquisita a contatto di illustri pianisti e clavicembalisti dell'epoca. La seconda tappa dell'apprendimento di Mendelssohn è imperniata attorno alle figure di Ludwig Berger e Carl Friedrich Zelter, ambedue artefici della solida formazione tecnica e teorica di Felix sia come pianista che come compositore. Ultima, la condivisione con musicisti del calibro di Johann Nepomuk Hummel e Ignaz Moscheles delle competenze raggiunte, occasione gradita a Felix per perfezionarsi nella ormai matura esecuzione pianistica. Grazie a questa variegata conduzione di apprendistato, Mendelssohn ebbe modo di apprezzare e valorizzare autori della levatura di Bach, Mozart e Beethoven, senza rimanere immune del loro stile compositivo.
Francesco Scarpellini Pancrazi (Conservatorio di Perugia), ha analizzato le composizioni di Felix riuscendo a trovare in esse un comune denominatore: quello della presenza di un tipo particolare di scrittura musicale definita “Musica degli Elfi”, nel suo contributo intitolato La musica degli elfi: dallo studio al topos romantico ricco di riferimenti pratici di ascolto. Gli elfi o folletti legano la loro fiabesca rappresentazione sonora ad alcune particolari pratiche compositive ed esecutive. La caratteristica di questo tipo di scrittura “elfica” è spesso realizzata con l'abbinamento strumentale dello staccato in pianissimo; inoltre si esplicita nel moto perpetuo e con la velocità. A quanto descritto si aggiunge la ripetizione statica di terzine o quartine, nelle quali emergono note di volta e note di passaggio. Caratteristiche della scrittura “elfica” sono ancora: i ribattuti, i trilli brevi, il tremolo e le conclusioni ascendenti di frasi in PP. Dal contributo di Scarpellini è emerso che presso la biblioteca di Casa Mendelssohn sono conservati numerosi brani di autori che, componendo per pianoforte, adottano spesso questi elementi di scrittura. La conclusione porterebbe a riconoscere nelle composizioni mendelssohniane un topos di musica elfica, acquisita attraverso lo studio, la quale trova il suo apice espressivo nella realizzazione del Sogno di una notte di mezz'estate.
Guido Salvetti (Presidente della SIdM) ha voluto sottolineare l'aspetto formale delle composizioni giovanili di Mendelssohn, fornendo un dettagliato quadro cronologico e critico delle dodici sinfonie inedite con il suo intervento intitolato Il problema formale nelle sinfonie giovanili. Le sinfonie giovanili di Mendelssohn, furono sostanzialmente dei lavori di studio, eseguiti su richiesta esplicita del suo insegnante Carl Friedrich Zelter; per questo motivo rimasero inedite. In esse è possibile riconoscere un concreto riferimento a tutti gli elementi tipici dello stile di Haydn e Mozart. Il corpus delle sinfonie giovanili si compone di 12 opere che cronologicamente vanno dall'estate del 1821 all'estate del 1823. Le prime sei, tutte del 1821, costituiscono un gruppo a sé stante per il fatto che non sono state composte per essere eseguite. Questo conferma che furono puro materiale di studio; inoltre di esse la 4a, 5a e 6a sono totalmente monotematiche e tripartite. A partire dalla settima sinfonia, composta nell'anno 1822, Felix adotta la prassi del quadripartitismo classico della forma. Questo secondo gruppo trova destinazione esecutiva in concomitanza dell'inizio del ciclo delle Esecuzioni domenicali promosse da casa Mendelssohn, sia nella propria residenza berlinese che in altri teatri della città. Il ciclo delle dodici sinfonie giovanili termina con la stesura della Prima sinfonia in do minore op. 11 scritta e pubblicata nel 1824, per la quale Mendelssohn adopera chiari elementi beethoveniani di differenziazione tematica tra primo e secondo tema.
Ultimo dei relatori della prima giornata del convegno è stato Wulf Konold (Ludwig-Maximilians-Universität, München) che ha affrontato le caratteristiche stilistiche giovanili di Mendelssohn attraverso una lettura analitica dei suoi quartetti con pianoforte, facendo risaltare la loro importanza per essere i primi lavori pubblicati. Titolo del suo intervento I quartetti con pianoforte. Il periodo di produzione di questa particolare forma di musica da camera va essenzialmente dal 1821 al 1825, anni riconosciuti particolarmente significativi per la formazione musicale di Mendelssohn. Ancora una volta fu il maestro Zelter a stimolare il giovane Mendelssohn a cimentarsi in composizioni che avessero come protagonista principale il pianoforte. Attraverso queste quattro opere, Felix ebbe, infatti, modo di esibirsi come virtuoso dello strumento. Tutti e quattro i lavori sono ispirati al quartetto di Mozart KV 478 sia nella scelta dei movimenti che nella tonalità minore d'impianto. Il primo lavoro, realizzato nella primavera del 1821, non fu pubblicato per volontà dello stesso Felix, probabilmente per il semplice fatto che era troppo legato ad un modello formale scolastico e che quindi non esprimeva compiutamente le personali idee e capacità stilistiche. Il secondo quartetto è invece la prima composizione in assoluto data alle stampe dal giovane Mendelssohn come op. 1, e risale all'autunno del 1822. Formalmente si discosta molto dal primo lavoro sia nello stile formale che nelle dimensioni considerevoli, a differenza della realizzazione del secondo quartetto op.2 in fa minore molto più simile alla precedente. Il terzo quartetto op. 3 in si minore esalta invece la maturità dell'arte mendelssohniana nel trattare lo Scherzo e tutto il suo “standard” compositivo individuale.
A conclusione degli interventi, i musicisti: Costantino Mastroprimiano (pianoforte), Fabio Ravasi (violino), Gianni De Rosa (viola) e Marco Testori (violoncello), hanno eseguito il Trio in re minore op. 49 e il Quartetto in re minore MWV Q.10 con pianoforte in prima esecuzione italiana.

La seconda giornata del convegno è stata aperta dalla relazione da Paola Maurizi (Conservatorio di Perugia). La relazione ha inteso fare il punto sulla produzione di Fanny Mendelssohn, in un contesto familiare che le impedisce il professionismo e la pubblicazione delle sue opere, nel decennio compreso tra il 1819, anno del suo primo brano, e il 1829, anno del suo matrimonio che segna una svolta tanto nella sua attività compositiva quanto nei “concerti domenicali” in casa.
Si tratta di una produzione pianistica, cameristica e soprattutto liederistica, con ben 170 dei complessivi 250 Lieder, che evidenzia forti radici nelle tradizioni musicali di Berlino nonché scelte compositive diverse e autonome da quelle di Felix nonostante i comuni studi musicali e la consuetudine di collaborazione che li ha condotti ad effettuare sicuramente insieme il lavoro di revisione della Matthäus-Passion di J.S. Bach.
Christian Martin Schmidt (Technische Universität Berlin) ha presentato la produzione dei Lieder giovanili di Mendelssohn, repertorio poco conosciuto poiché lungamente ignorato dalla pubblicazione a stampa. In essa ha potuto scorgere alcune caratteristiche peculiari nello stile compositivo, nonché nell'aspetto formale. Felix Mendelssohn compose circa 40 Lieder nel periodo preso in considerazione, ma scelse di pubblicarne solo 12. La composizione di questa particolare forma accompagna tutto il percorso cronologico della vita dell'autore. Si potrebbero considerare “composizioni giovanili”, nella accezione di opere formalmente non mature, solo 5 di essi, semplicemente per il fatto che egli giunse subito alla maturità compositiva riguardo a tale produzione. Perlopiù preferì adottare uno schema a tre strofe (AAB) e legò di sovente l'indirizzo di destinazione a donne. Secondo questa visione si può ipotizzare che Felix utilizzasse i Lieder come mezzo di coltivare relazioni sociali.
È stata poi la volta di Costantino Mastroprimiano (Conservatorio di Perugia), che ha marcato l'influenza stilistica di compositori come Bach e Mozart nella produzione giovanile di Mendelssohn, nel suo intervento intitolato Fantasie adolescenziali. Nella sua produzione giovanile Felix Mendelssohn Bartholdy continuò la prassi strumentale nello stile “fantastico” che – grazie ai suoi insegnanti – gli derivò direttamente dalla scuola bachiana (sia Johann Sebastian che Carl Philipp Emanuel) non soltanto nel movimento delle parti, ma soprattutto nell'esplicitazione di modelli che si possono ritrovare nei trattati dell'epoca precedente al compositore. Nelle composizioni che fanno riferimento al genere Fantasia, come per esempio l'op. 15 e il movimento recitativo della Sonata op. 6, si possono rinvenire incisi pedissequi di ornamentazioni dello stile fantastico. Altro modello è quello Mozartiano che Mendelssohn ha ben presente nella inedita Fantasia in re minore per pianoforte a 4 mani, con l'individuazione di alcune formule “comuni” non solo tra i due compositori ma anche appartenenti al genere. Ha inoltre preso in considerazione la denominazione di “Capriccio”, ben presente nella prima produzione pianistica mendelssohniana, mettendo in evidenza l'appartenenza al genere fantastico e riaffermando quindi la diretta derivazione dalla scuola tastieristica della Germania del Nord.
Di seguito l'intervento di Alessandro Solbiati (Conservatorio di Milano) che ha raccontato come è riuscito a condurre a termine una composizione di Mendelssohn giovanissimo, partendo da un frammento di una sonata per violino e pianoforte lasciata sotto forma di appunti manoscritti, nel suo contributo intitolato Sonata Felix: adesione stilistica e composizione. Nel maggio del 2005, a seguito del ritrovamenti di alcuni fogli manoscritti del giovane Mendelssohn, Alessandro Solbiati ha voluto misurarsi nell'impresa di portare a compimento l'abbozzo di una Sonata per violino e pianoforte. Il manoscritto contenete la sola esposizione, si concludeva con una legatura lasciata “nel vuoto”. Grazie ad un'analisi ed una vera e propria immedesimazione nel linguaggio mendelssohniano, Solbiati è riuscito ad elaborare e disporre il materiale tematico (numerosissimo) operando in maniera del tutto originale. Egli, infatti, non ha voluto procedere imitando lo stile dell'autore originale, ma è riuscito a far collimare la propria maniera di comporre allo stile di Mendelssohn. Frutto di questo riuscito “esperimento” è stata la realizzazione della Sonata Felix. In conclusione dell'intervento, Azusa Onishi (violino) e Sabina Belei (pianoforte) hanno eseguito al Sonata Felix di Mendelssohn-Solbiati.

La parte pomeridiana del secondo giorno del convegno ha avuto come prima protagonista Maria Teresa Arfini (Università della Valle d'Aosta), che ha dedicato il suo intervento ad una lettura davvero particolare dei quartetti op. 13 e op. 14 di Mendelssohn, intitolato Mendelssohn tra Beethoven e Schumann: i Quartetti per archi op. 13 e op. 12. Il giovane Felix si interessò particolarmente alla produzione quartettistica di Beethoven e Schumann, interiorizzando e assimilando anche un loro curioso modo di comporre: la maniera di utilizzare le lettere dell'alfabeto tedesco per formulare combinazioni notali particolari. Secondo una lettura originale della scrittura adoperata nella composizione dei due quartetti per archi op. 12 e op. 13, Mendelssohn avrebbe inserito in maniera velata una dedica amorosa adolescenziale ad una ragazzina che, assieme a lui, cantava nel coro della Singakademie: Betty Pistor. In particolare Felix avrebbe spesso impiegato le note Si bemolle e Mi bemolle (rispettivamente B e Es) anagrammando le lettere presenti nel nome della ragazza. Simile espediente è utilizzato nella formulazione di una precedente composizione quale il Lied Frage op. 9, brano che fornisce l'elemento tematico amoroso ad entrambi i quartetti citati. Questo modo criptico di comporre, porta a riconoscere nelle medesime composizioni anche l'anagramma del nome di Bach.
Pietro Zappalà (Università di Cremona) ha affrontato il repertorio sacro composto da Mendelssohn all'inizio della sua carriera, rivisitando il corpus delle opere composte tra il 1820 e il 1832, nel suo interevento intitolato La musica sacra giovanile di Mendelssohn: una rilettura critica. La musica sacra composta da Mendelssohn è stata per lungo tempo trascurata dalla critica del settore, per questo motivo essa non ha avuto una grande diffusione a livello internazionale. Benché ci si trovi di fronte – negli anni Venti – a un totale di 41 composizioni, le opere sacre sono comunemente considerate “produzione minore” di Mendelssohn. Innanzitutto è possibile distinguere le composizioni in tre grandi fasce: per grande organico, piccolo organico e solo con accompagnamento. Fino al 1821 Felix compose per piccolo organico e solamente in lingua tedesca; queste prime opere contengono nella partitura manoscritta alcune correzioni operate da Zelter, decretando la destinazione di esercizio-studio delle stesse. Dal 1822 Mendelssohn impiega la lingua latina, la grande orchestra e uno stile a cappella imitativo dello stile antico; anche le caratteristiche strutturali fanno ormai pensare ad una destinazione per la pubblica esecuzione di queste opere. Dal 1827 sono formulate un altro gruppo di composizioni sacre basate sull'emulazione della Cantata tedesca e del Corale nello stile di Bach. Nessuna delle composizioni sacre di Mendelssohn si caratterizza per la destinazione liturgica, rimanendo decisamente frutto di una esplicita espressività religiosa.
Ha concluso gli interventi programmati Maria Grazia Sità (Conservatorio di Pesaro), la quale ha descritto la nascita e la realizzazione stilistica della Matthäus Passion di J.S. Bach, nella versione berlinese del 1829, intitolando per l'appunto il suo contributo Una fatale congiuntura (storiografica): la ripresa della Matthäus Passion del 1829. L'esecuzione della Matthäus Passion di J. S. Bach avvenuta a Berlino nel 1829 sotto la direzione di Felix Mendelssohn, è un evento che si rivela importante da molteplici punti di vista, attinenti non solo alla storia della musica. Felix Mendelssohn proveniva da una famiglia in cui molti erano stati i membri interessati alla musica di Bach e la sua formazione musicale era avvenuta sotto la direzione di Zelter, appassionato bachiano e direttore della Singakademie. Con Mendelssohn si ha però un diverso atteggiamento nei confronti della musica di Bach, sentita non più come un pezzo di antiquariato, riservato a pochi eletti ed estraneo ad un pubblico ampio. La musica di Bach è vista qui invece, con poche mediazioni, come mezzo privilegiato di quell'educazione morale ed estetica (Bildung) che verrà poi considerata un elemento fondante nella costruzione dell'identità tedesca. L'osservazione puntuale degli interventi operati da Mendelssohn per l'esecuzione del 1829 porta inoltre a sottolineare la sua grande fiducia nella continuità culturale esistente fra la musica di Bach e la sensibilità del pubblico ottocentesco: Mendelssohn agisce sul testo in maniera a suo modo “rispettosa” , operando ampi tagli, ma quasi nessuna riscrittura, guidato da interesse musicale e creativo, non volto necessariamente alla modernizzazione. I tempi erano maturi per una saldatura culturale già implicitamente presente e dopo Berlino furono molte le città tedesche in cui si verificarono grandi esecuzioni bachiane (a imitazione di Berlino, oppure no). Si conferma così che era stato ormai riconosciuto nella musica sacra di Bach un simbolo di un comune passato culturale, estetico e morale della nazione tedesca.

La fine del convegno è stata accompagnata dall'esecuzione organistica del Praeludim in Re minore, Andante in Re Maggiore, Ostinato in Do minore e Nachspiel in Re Maggiore, eseguiti dagli allievi del Conservatorio Jacopo Zembi e Biagio Quaglino.

Emiliano Ramacci