Convegno di studi

Cagliari

17-18 novembre 2015 

Dépliant

Programma e resoconto

martedì 17 novembre ore 15, Teatro Lirico di Cagliari

L'universo di Gavino Gabriel

Saluti del Presidente della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari, dott. Mario Scano

Presiede: prof. Ignazio Macchiarella (Università degli Studi di Cagliari) 

  • Susanna Pasticci, Gabriel musicista e compositore de "La Jura"
  • Giuseppe Spano, Il lascito di Gabriel nell'Archivio di Tempio Pausania
  • Marco Lutzu, Gabriel e la ricerca etnomusicologica
  • Antonella Fischetti, Gavino Gabriel direttore della Discoteca di Stato
  • Serena Facci, Gabriel e il grammofono educativo
  • Roberto Milleddu, Il sardo prodigioso: Gabriel performer e divulgatore

 

mercoledì 18 novembre ore 9,30, Aula Magna della Facoltà di Studi Umanistici dell'Università di Cagliari

Nazionalismo e regionalismi nel ventesimo secolo

Saluti del Direttore del Dipartimento di Storia, beni culturali e territorio dell'Università degli studi di Cagliari, prof. Francesco Atzeni

Presiede: prof. Luca Riccardi (Università degli Studi di Cassino) 

  • Marco De Nicolò, Regioni e nazione nell'orizzonte storico del primo Novecento italiano
  • Guido Salvetti, Nazionalismo e regionalismi nell'opera italiana del primo '900
  • Antonio Trudu, Vocazione internazionale e dimensione locale nella musica del secondo '900
  • Myriam Quaquero, La costruzione dell’identità sarda nella musica di tradizione scritta
  • Laura Sonja Uras, Gabriel intellettuale fra tradizione, sperimentazione e utopia
  • Antioco Floris, Idilli nei campi: la Sardegna bucolica dei documentari di Gavino Gabriel

 

mercoledì 18 novembre ore 15, Aula Magna della Facoltà di Studi Umanistici dell'Università di Cagliari

Questioni di identità

Presiede: prof. Guido Salvetti (Società Italiana di Musicologia) 

  • Stefano Pivato, Come la musica racconta l’identità sociale
  • Susanna Paulis, La costruzione dell'identità: un punto di vista antropologico
  • Ignazio Macchiarella, Ma quale identità musicale?

 

mercoledì 18 novembre ore 19, Teatro Lirico di Cagliari

Anteprima de La Jura di Gavino Gabriel 

 


 

Resoconto

L’aggettivo “poliedrico” sembra tagliato apposta per definire Gavino Gabriel. Nato nel 1881 a Tempio Pausania (cittadina della Gallura, nella Sardegna nord-orientale), e scomparso a Roma nel 1980, Gabriel fu letterato, pubblicista, compositore, musicologo, performer, divulgatore, pioniere della registrazione sonora, etnografo, funzionario coloniale, organizzatore culturale, didatta e persino autore di un manuale per l’uso delle maschere anti-gas durante il primo conflitto mondiale. Conosciuto oggi come «uno dei più intraprendenti pionieri della scienza etnomusicologica in Italia» – come si legge nella voce a lui dedicata dal Dizionario Biografico degli Italiani (Treccani, vol. 51, 1998) – lo si ricorda anche per essere stato il primo direttore della Discoteca di Stato e per aver composto un’opera lirica su soggetto sardo, La Jura; ma di fatto, ben poco si conosce della sua eclettica attività che si è dispiegata lungo buona parte del XX secolo.

Un tentativo di scostare le cortine sulla complessa personalità di Gabriel, secondo una prospettiva multidisciplinare, è stato realizzato con il convegno di studi Musica, culture e identità. L'universo di Gavino Gabriel organizzato dalla Fondazione Teatro Lirico di Cagliari sotto gli auspici della Società Italiana di Musicologia, dell'Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi e del MIBACT, in collaborazione con le Università di Cassino e Cagliari. Il convegno, che si è avvalso della direzione scientifica di Susanna Pasticci, si è tenuto a Cagliari il 18 e 19 novembre 2015 in concomitanza con la ripresa dell’opera La Jura, in un nuovo allestimento scenico e in un nuova edizione musicale curata dalla stessa Pasticci.

E proprio a partire da La Jura si è dipanato il filo conduttore delle relazioni che si sono succedute nella prima sessione del convegno, dal titolo L'universo di Gavino Gabriel. Susanna Pasticci, a cui è spettata la relazione d’apertura, ha messo in evidenza la complessità del processo di elaborazione, scrittura e revisione di questo atipico pezzo di teatro musicale, in cui la tradizione del melodramma incontra le pratiche musicali di tradizione orale eccezionalmente non mediate, e portate sulla scena da "autentici" interpreti "popolari". L'opera nasce dal desiderio dell’autore di celebrare la bellezza, la magia e la poesia della sua terra natale, la Sardegna; ma nel tentativo di dar forma, sostanza ed espressione a questo tributo d’amore per la sua isola, Gabriel intraprende un percorso di formazione personale che lo porta a "scoprire" se stesso, la sua vocazione di artista e la sua identità di compositore. In altre parole, Gabriel "diventa" compositore proprio per scrivere La Jura. Pasticci individua tre stesure della partitura inedita, la prima messa in scena nel 1928 a Cagliari, la seconda rappresentata al Teatro di San Carlo a Napoli e Cagliari (1958-59) e la terza eseguita per la prima volta nella nuova messinscena del Teatro Lirico di Cagliari del 2015. Per tutta la vita, la riscrittura dell’opera e l’ossessiva ricerca di nuove occasioni per eseguirla costituiranno il Leitmotiv che ha permeato l'intera attività compositiva di Gabriel. Attività che comincia nel 1907-08 con alcuni pezzi per canto e pianoforte e per canto e chitarra – che rielaborano canti popolari che poi si ritroveranno sviluppati ne La Jura – e che conosce un significativo incremento negli anni del soggiorni eritreo, dal 1936 al 1954, quando Gabriel scrive una strordinaria quantità di quartetti per archi. Per il resto, la sua produzione musicale rimane saldamente ancorata alle tematiche sarde, e verrà pubblicata solo in minima parte da editori non musicali.

Gran parte delle fonti relative all'opera di Gabriel è conservata presso l’archivio dell'Accademia Popolare Gallurese Gavino Gabriel di Tempio Pausania nel quale, grazie alla passione del collezionista Giuseppe Sotgiu, è confluita gran parte del materiale librario e documentario dell'autore (manoscritti, abbozzi compositivi, diari, articoli di stampa, fotografie, etc.). Alla presentazione di questo fondo ha dedicato la sua relazione Giuseppe Spano, che ha illustrato le diverse tipologie di materiali raccolti, i criteri di archiviazione e le prospettive di ricerca legate allo studio di questi documenti.

Uno degli aspetti più rilevanti dell'esperienza di Gabriel è il suo interesse per le musiche di tradizione orale della Sardegna. Nel suo intervento, Marco Lutzu ha evidenziato che Gabriel è stato uno dei primi studiosi a occuparsi di questi repertori, anche se la sua figura è rimasta sempre piuttosto marginale rispetto al mainstream dell’etnomusicologia italiana, che solo dopo la seconda guerra mondiale cominciò a strutturarsi come disciplina scientifica. Fin dal primo saggio pubblicato sulla «Rivista Musicale Italiana» nel 1911, dal titolo Canti e Cantadori di Gallura, Gabriel mostra delle intuizioni piuttosto innovative rispetto al panorama della musicologia comparata in voga nel primo Novecento, a partire da una non comune attenzione alle ricerche sul “campo”, di cui egli aveva maturato un'esperienza diretta e non mediata da altri soggetti. Lutzu ha evidenziato come Gabriel abbia sviluppato una riflessione pionieristica sul rapporto fra musica e ambiente naturale, sul ruolo del Mediterraneo come area di scambio tra culture diverse, e soprattutto sui legami tra le diverse pratiche tradizionali della Sardegna e i territori in cui si sviluppano. Nell'ottica di Gabriel, i cantori/strumentisti popolari non sono anonimi depositari di saperi collettivi, ma persone che a partire da una grammatica di riferimento condivisa sono perfettamente consapevoli di esprimere la propria creatività individuale. Un altro aspetto decisivo della relazione di Lutzu ha riguardato l'uso della registrazione come mezzo privilegiato per la raccolta dei materiali tradizionali e come supporto all’analisi, in quanto capace di documentare aspetti non trascrivibili, come l'andamento melismatico dei canti o il timbro delle voci. Ma c’è di più: Gabriel ha dedicato particolare attenzione anche alle tecniche di ripresa sonora e al corretto posizionamento dei microfoni, che consente di cogliere certe peculiarità tipiche della prassi esecutiva dei patrimoni orali.

Il tema della registrazione sonora rimanda a un altro dei principali ambiti d'azione di Gabriel, che ebbe un ruolo fondamentale sia nella diffusione dell'incisione come strumento di documentazione, sia nell'intuizione delle straordinarie potenzialità educative di questo mezzo. Questi aspetti sono stati approfonditi da Antonella Fischetti, ricercatrice dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi, che ha presentato una dettagliata e documentata ricostruzione del ruolo di Gabriel nella storia della Discoteca di Stato. Serena Facci si è invece concentrata sull'utilizzo della registrazione come strumento educativo utile a favorire, attraverso la conoscenza delle musiche e dei canti delle diverse regioni, lo sviluppo di una coscienza nazionale. Si è poi soffermata sull'analisi della pubblicazioni di carattere didattico che, a partire dal Grammofono educativo (1922), hanno esercitato un impatto decisivo sulla cultura del nostro paese; tant'è che, con la riforma di Giovanni Gentile (autore della prefazione di uno dei libri di Gabriel, Musica a centimetri del 1934), un grammofono e una raccolta di dischi entreranno a far parte del corredo didattico delle scuole italiane.

La vocazione educativa di Gabriel si riflette anche nella sua attività di interprete e divulgatore delle musiche tradizionali, che è stata approfondita nella relazione di Roberto Milleddu. Gabriel comincia a esibirsi nei salotti intellettuali della Firenze di inizio secolo, dove era conosciuto anche come critico letterario, curatore di testi umanistici e collaboratore de «La Voce», e dove esegue i suoi canti sardi accompagnandosi alla chitarra di fronte ad intellettuali e artisti come Papini, Prezzolini, Slataper, Pizzetti, Bastianelli e D’Annunzio (che conosce nel 1910). Successivamente comincia a tenere conferenze-concerto nei palcoscenici di tutta la penisola, e a partire dal 1921 si avvale dell’apporto di autentici cantori a tasja di Aggius, che lo seguiranno in una serie di trionfali tournée anche all'estero.

Sulla figura intellettuale di Gabriel si è concentrata la relazione di Lara Sonja Uras, che ha messo in luce la sua “creatività polimorfica” e la sua levatura culturale, alimentata da una compiuta formazione umanistica. Dalle ricerche di Uras, che ha evidenziato anche i rapporti dell'autore con gli ambienti teosofici italiani (che probabilmente non hanno giovato ai suoi rapporti con il regime fascista), emerge l'immagine di un Gabriel “segreto”, cultore di pitagorismo, sentitamente anticlericale e in grado di padroneggiare anche la crittografia.

La seconda sessione del convegno (Nazionalismo e regionalismi nel ventesimo secolo) si è concentrata su uno dei principali fili conduttori dell'attività artistica e intellettuale di Gabriel, quello della dialettica tra identità regionale (legata soprattutto alla Sardegna) e identità nazionale. Lo storico Marco De Nicolò ha presentato un'analisi delle dinamiche identitarie nell'Italia d'inizio secolo, dimostrando come il localismo abbia rappresentato un elemento determinante per la formazione della cultura nazionale. Inizialmente, anche il regime fascista ha fatto leva sul sentimento d’amore per la “piccola patria”, utilizzando i costumi e il folklore regionale come potenti strumenti di propaganda, che a poco a poco sono stati affiancati dall'insorgere del mito della romanità imperiale.

La questione dell'identità nazionale in musica è stata approfondita da Guido Salvetti, a partire dalla reazione dei musicisti italiani del primo Novecento nei confronti dell'’“imperialismo” germanico che aveva contraddistinto l’ultimo scorcio dell’Ottocento. Salvetti si è soffermato sui compositori italiani che intorno al 1910 si affacciarono sulla scena internazionale – Casella e Malipiero in primis – e che cercarono di svincolarsi dall'eredità della tradizione tedesca anche attraverso la valorizzazione delle culture regionali. Tali culture offrono un elemento di unificazione, uno “spirito” che tiene legata la nazione e che si riflette sia nelle composizioni ispirate al folklore regionale, sia nelle raccolte di canti popolari armonizzati al pianoforte. Questa tendenza (almeno nel caso di Casella) viene superata negli anni Venti attraverso una svolta neoclassica che, mettendo da parte il folklore, si orienta verso il recupero e la valorizzazione della musica strumentale italiana del passato.

Il ruolo della musica come elemento centrale nel processo di costruzione identitaria viene ribadito nella relazione di Myriam Quaquero, che ha affrontato la questione concentrandosi sulla produzione di melodrammi su temi legati alla cultura e alla storia della Sardegna. All’indomani del successo di Cavalleria Rusticana il tema della cultura sarda, trattato secondo i canoni dell’opera verista, dà vita a una serie di opere come Vendetta Sarda di Emilio Cellini, Rosedda di Nino Alassio e Rosella del nuorese Priamo Gallisay, in cui si trovano i presupposti che daranno vita a La Jura di Gavino Gabriel. Negli anni Trenta del Novecento, l’idea di “sardità” diviene il centro della produzione musicale di una figura controversa come quella di Ennio Porrino che, rispetto alla prospettiva “internazionale” di Casella, concentra i suoi sforzi in una dimensione eminentemente localistica.

Il rapporto tra localismo e aperture internazionali nella musica del secondo Novecento viene approfondito da Antonio Trudu, che evidenzia come nella seconda metà del secolo la vocazione internazionale abbia prevalso sulla dimensione regionale. Più che un reale interesse per le culture locali, in realtà, ciò che secondo Trudu emerge dalle musiche di ispirazione folklorica del periodo fascista è soprattutto un generico esotismo, un utilitarismo propagandistico dettato da una sostanziale estraneità (se non una vera e propria ostilità) della cultura dominante verso le espressioni tradizionali. I compositori del secondo Novecento, invece, non contraddicono la loro vocazione internazionale neppure quando inglobano all'interno delle loro opere alcuni canti e melodie di tradizione folklorica, come fanno Luciano Berio, Luigi Nono e molti altri. Un caso particolare è rappresentato dal compositore Franco Oppo, che ha saputo trarre dalla musica tradizionale sarda elementi linguistici che hanno esercitato un ruolo significativo in molta della sua produzione.

La relazione di Antioco Floris ha affrontato il tema del regionalismo concentrandosi sull'attività di Gabriel nell'ambito della cinematografia e della documentaristica. Floris ha analizzato le pellicole realizzate da Gabriel e dedicate a diversi aspetti della cultura sarda, evidenziando come in queste opere non vi sia un intento documentaristico, ma un tentativo di “rappresentazione” del mondo rurale gallurese colto in una dimensione bucolica.

L'ultima sessione del convegno (Questioni di identità) ha proposto una riflessione più generale sul tema dell’identità, esaminato in prospettiva storica e antropologica. Lo storico Stefano Pivato ha presentato un ampio catalogo di casi in cui la musica racconta e contribuisce a definire l’identità sociale, dimostrando la capacità della musica di orientare politicamente e di costruire identità. Susanna Paulis si è concentrata invece sulla prospettiva antropologica, sottolineando la natura simbolica e i processi di costruzione delle identità collettive, ed evidenziando i meccanismi di carattere contrastivo che comportano la non accettazione dell'altro, che spesso si traduce in conflitto.

Nell'intervento conclusivo Ignazio Macchiarella ha proposto una decostruzione del concetto di “identità musicale”, partendo dal presupposto che nel mondo contemporaneo globalizzato le musiche che ascoltiamo sono spesso totalmente deterritorializzate. Non esiste una musica che rappresenti una persona solo perché è nata in un certo luogo o appartiene a una classe sociale; piuttosto, sono le persone a scegliere quali musiche le rappresentano e a stringere, attraverso quelle musiche, rapporti privilegiati con altre persone. Questa impostazione, legata al concetto di sound group e ripresa dagli studi di Steven Feld, permetterebbe di superare le insidie implicite nel concetto di identità, che rimane comunque uno dei nodi cruciali per lo studio dei fenomeni musicali.

Un convegno denso e dibattuto che ha avuto il merito di portare alla luce la complessa personalità di Gavino Gabriel, che da perfetto uomo del Novecento incarna il dinamismo, la fiducia nel progresso, ma al contempo resta profondamente radicato nella “tradizione”, nella venerazione nostalgica di un passato che confina sovente con i territori del mito.

 

Roberto Milleddu