ISTITUTO STORICO AUSTRIACO presso il Forum Austriaco di Cultura in Roma
ISTITUTO STORICO GERMANICO DI ROMA Sezione di Storia della Musica
SOCIETÀ ITALIANA DI MUSICOLOGIA

in collaborazione con:
Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma
Soprintendenza per il Polo Museale Romano
Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi
Istituto Olandese a Roma
Accademia Americana a Roma
Istituto Svizzero di Roma
DFG – Deutsche Forschungsgemeinschaft
CNR – Dipartimento Attività Internazionali, Servizio I
Da Ponte–Institut für Librettoforschung, Vienna
Herbert von Karajan Centrum, Vienna.

Roma

26-29 maggio 2004 

Sommario degli Atti

Programma e resoconto

Il convegno si propone di trattare con metodologie interdisciplinari un momento cruciale della storia culturale europea. Intorno al 1800 il fortepiano era diventato protagonista di una nuova emotività dell'espressione musicale consona all'emancipazione soggettiva dell'individuo borghese. La fioritura della musica pianistica, particolarmente rigogliosa all'epoca, era legata alla rapida ed intensa diffusione mondiale degli strumenti fabbricati soprattutto a Londra (Clementi, Broadwood), Vienna (Streicher, Graf, Bösendorfer) e Parigi (Pleyel, Erard) nonché il loro utilizzo da parte di ampi strati della società.

In primo piano ci sono le questioni che riguardano la propagazione della musica pianistica: le tournées concertistiche dei pianisti, i modi di diffusione delle edizioni musicali, il commercio dei fortepiani, gli spostamenti dei musicisti (compositori e artisti) da un capo all'altro dell'Europa, la circolazione di generi, forme, stilemi musicali, le scambievoli esperienze didattiche, ecc. Particolare attenzione viene riservata riservata alla prassi e alla fruizione della musica – sia in ambito pubblico (concerti pubblici) che in quello privato (modi del “far musica” in casa).

Una caratteristica essenziale della cultura pianistica degli anni 1770-1830 è la sua spiccata internazionalità: il romano Clementi, che vive a Londra, dedica le sue ultime sonate al fiorentino Cherubini, trapiantato a Parigi; Haydn, Beethoven, Koželuh e Weber scrivono melodie scozzesi per inziativa di editori britannici. Beethoven si fa spedire da Londra a Vienna un piano „Broadwood“ costruito secondo le sue indicazioni tecniche. Al contempo alcune ditte inglesi si specializzano nella produzione di strumenti idonei per i tropici perché destinati alle colonie. D'altro canto, fabbricanti viennesi esportano tramite intermediari di Leopoli i loro fortepiani verso l'Oriente. L'irlandese Field, insediatosi a Mosca, dà il via alla tradizione pianistica russa; i boemi Dussek e Rejcha, l'austriaco Pleyel o il tirolese Ladurner dominano per decenni la vita musicale parigina; il salisburghese Sigismund von Neukomm, allievo di Haydn, opera dapprima come pianista in casa del principe Talleyrand e poi come musicista di corte in Brasile, per svolgere infine un'attività concertistica addirittura nell'Africa del Nord … Tutti esempi – e molti altri se ne potrebbero fare – della fitta rete di un fenomeno di portata internazionale.

Più di 20 relatori, tra i più rinomati specialisti di livello mondiale, affronteranno alcune delle numerose stimolanti proposte che questo tema offre alla ricerca, per approfondirle in una consapevole discussione interdisciplinare.

 

MERCOLEDÌ 26 MAGGIO 2004, ISTITUTO STORICO AUSTRIACO, ore 20.00 

Concerto inaugurale

Arthur Schoonderwoerd (Utrecht), fortepiano (copia da Anton Walter, Vienna 1795 ca.): Musiche di C. Ph. E. Bach, A. Reinagle, J. B. Cramer, J. N. Hummel, S. Ritter von Neukomm, A. Eberl

 

GIOVEDÌ, 27 MAGGIO 2004, ISTITUTO STORICO AUSTRIACO 

  • ore 9.30: Introduzione al convegno
    • Richard Bösel, Bianca Maria Antolini, Markus Engelhardt
  • ore 10.30: Aspetti storico culturali: gli strumenti, presidenza Markus Engelhardt
    • Luca Aversano (Firenze): L'importazione in Italia di fortepiano tedeschi e austriaci tra la fine del XVIII e i primi anni del XIX secolo
    • Rudolf Hopfner (Vienna): Die Europareise eines Wiener Klavierbauers: kommerzielle Aspekte im Reisetagebuch Johann Baptist Streichers von 1821
    • Christian Witt-Dörring (Vienna): Playing furniture? The piano and the interior in the first half of the 19th Century
  • ore 15.30: Aspetti storico culturali: ricezione, didattica e stile, presidenza Bianca Maria Antolini
    • Ala Botti Caselli (Perugia): Il fortepiano nella letteratura del tempo: appunti per un'indagine comparata
    • Thomas Macho (Berlino): Zur Geschichte der Klavierpädagogik in der "Sattelzeit". Kultur- und mediengeschichtliche Aspekte
    • Guido Salvetti (Milano): Apporti del fortepiano alla didattica pianistica
    • Anselm Gerhard (Berna): "Longues durées" cembalistische nella pratica pianistica: la persistenza dell'arpeggio e la sua proscrizione nel Novecento

 

VENERDÌ, 28 MAGGIO 2004, ISTITUTO STORICO GERMANICO 

  • ore 10.00-13.00: Prassi, forme musicali e loro diffusione, presidenza Pierluigi Petrobelli
    • Arnfried Edler (Hannover): Zwischen Ästhetik und Marktmechanismen. Wandlungen der Gattungsstruktur in der Klaviermusik zwischen 1770 und 1830
    • Bianca Maria Antolini (Milano-Roma): Editoria musicale e diffusione del repertorio
    • Markus Engelhardt (Roma): Tra impegno culturale borghese e strategia commerciale: lo spartito per canto e pianoforte nei rapporti italo-tedeschi durante il primo trentennio dell'Ottocento
    • Janina Klassen (Friburgo in Brisgovia): Pianiste. Rappresentanza musicale e quotidianità socioculturale
  • ore 15.30-18.30: Metropoli della musica: Londra e Parigi, presidenza Anselm Gerhard
    • Roberto Illiano (Cremona): La musica per fortepiano nella scena londinese a cavallo dei secoli XVIII e XIX
    • Galliano Ciliberti (Perugia): Il fortepiano negli annunci della stampa periodica parigina tra 1770 e 1830
    • Anik Lesure (Parigi): Frédéric Kalkbrenner – Camille Pleyel, une association complémentaire
    • Massimiliano Sala (Cremona): L'esperienza mitteleuropea nel panorama musicale parigino dall'ancien régime alla Restaurazione

 

VENERDÌ, 28 MAGGIO 2004, VILLA AURELIA (AMERICAN ACADEMY IN ROME), ore 21.00

Concerto

Arthur Schoonderwoerd (Utrecht), fortepiano (originale di Johann Fritz, Vienna 1805 ca.): Musiche di F. X. Mozart ("W. A. Mozart figlio"); J. L. Dussek, C. M. von Weber, A. Eberl

 

SABATO 29 MAGGIO 2004, PARCO DELLA MUSICA (ACC. NAZ. DI S. CECILIA), SALA RISONANZE 

  • ore 10.00-13.00: Metropoli della musica: Vienna e altri scenari europei, saluto di Bruno Cagli, presidenza Annalisa Bini
    • Otto Biba (Vienna): Klavierszene Wien um 1800. Instrumentenbauer, Komponisten, Pianisten
    • A. Duane White (Clearwater Christian College, USA): Anton Eberl composer and pianist between Vienna, Germany and Russia
    • Maria Girardi (Trieste): Pratica del fortepiano e collezionismo musicale a Venezia
    • Rudolf Rasch (Utrecht): The transition from harpsichord to pianoforte in Holland 1750-1800
  • ore 15.30-18.30: Globalizzazione della cultura pianistica: Russia e America, presidenza Rudolf Rasch
    • Vladimir Koshelev (San Pietroburgo): Piano culture in St. Petersburg 1770-1830
    • Christoph Flamm (Roma): I primordi della musica pianistica russa a San Pietroburgo
    • Rudolph Angermüller (Salisburgo): Sigismund Ritter von Neukomm, sempre in giro
    • Laurence Libin (New York): Pennsylvania, Cradle of American Piano Culture

 

SABATO 29 MAGGIO 2004, ORE 21.00, PARCO DELLA MUSICA, SALA 700, ore 21.00 

Concerto di chiusura

Arthur Schoonderwoerd (Utrecht), fortepiano (Johann Fritz, Vienna 1805 ca.): Musiche di J. L. Dussek, F. Schubert e L. van Beethoven

Stefan Stroissnig (Vienna), pianoforte - Dalibor Karvay (Bratislava/Vienna), violino - Milan Karanovic (Belgrado/Vienna), violoncello (borsisti 2003/04 dell'Herbert von Karajan Centrum, Vienna): Musiche di J. B. Cramer, J. Haydn, F. Kalkbrenner e F. Mendelssohn-Bartholdy

 

SEDI DEL CONVEGNO 

  • 27 maggio: Istituto Storico Austriaco (v.le Bruno Buozzi 113)
  • 28 maggio: Istituto Storico Germanico (v. Aurelia antica 391)
  • 29 maggio: Parco della Musica, Sala Risonanze (v.le de Coubertin 32)

 

PROGRAMMI DEI CONCERTI

Concerto inaugurale, mercoledì 26 maggio 2004, ore 20.00, Istituto Storico Austriaco, viale Bruno Buozzi 113

Arthur Schoonderwoerd (Utrecht), Fortepiano (copia da Anton Walter, Vienna 1795 ca.).

Carl Philipp Emanuel Bach (1714-1787)

Rondò no. 2 in do minore da Clavier-Sonaten und Freye Fantasien nebst einigen Rondos fürs Fortepiano für Kenner und Liebhaber, V, 1785)

Alexander Reinagle (1756-1809)

Sonata in mi maggiore (Allegro – Adagio – Allegro)

Johann Baptist Cramer (1771-1858)

Studio n. 8 in do minore (Allegro non tanto)

Studio n. 11 in la minore (Moderato con espressione)

Studio n. 38 in mi bemolle minore (Moderato)

Johann Nepomuk Hummel (1778-1837)

Rondo op. 11 in mi bemolle maggiore (Allegro scherzando)

Sigismund Ritter von Neukomm (1778-1858)

Les Adieux de Neukomm à ses amis à Rio de Janeiro

Anton Eberl (1765-1807)

Fantasia e Rondò in si bemolle maggiore



Concerto, venerdì 28 maggio 2004, ore 21.00: Villa Aurelia (American Academy at Rome)

Arthur Schoonderwoerd (Utrecht), Fortepiano (originale di Johann Fritz, Vienna 1805 ca.)

 

Franz Xaver Mozart (1791-1844)

Quattro Polonaises mélancoliques op. 22

Jan Ladislav Dussek (1760-1812)

Élégie Harmonique in fa diesis minore op. 61 (Lento patetico: tempo agitato, non presto – Tempo vivace e con fuoco quasi presto)

Carl Maria von Weber (1786-1826)

Aufforderung zum Tanz op. 65

Anton Eberl (1765-1807)

Sonata in sol minore op. 39 (Allegro appassionato – Adagio molto espressivo – Allegro agitato, vivace assai)



Concerto di chiusura, sabato 29 maggio 2004, ore 21.00: Parco della Musica, Sala 700

Arthur Schoonderwoerd (Utrecht), Fortepiano (originale di Johann Fritz, Vienna ca. 1805)

 

Jan Ladislav Dussek (1860-1812)

Prélude in do maggiore

Franz Schubert (1797-1828)

Impromptu in do maggiore, opus 90

Ludwig von Beethoven (1770-1827)

Sonata in mi maggiore op. 109 (Vivace – Prestissimo – Gesangvoll, mit innigster Empfindung (andante molto cantabile ed espressivo)

violino:Dalibor Karvay (Bratislava/Vienna), violoncello: Milan Karanovic (Belgrado/Vienna),
pianoforte: Stefan Stroissnig (Vienna)
borsisti 2003/04 dell'Herbert von Karajan Centrum, Vienna

 

Johann Baptist Cramer (1771-1858)

Notturno in do maggiore op. 32 Adagio con espressione – Allegretto - Rondò

Josef Haydn (1732-1809)

Trio per pianoforte, violino e violoncello n. 39 in sol maggiore, Hob. XV:25 Andante – Poco adagio – Finale, presto

Friedrich Kalkbrenner (1785-1849)

Terzo movimento dal Gran Trio n. 4 in re maggiore op.84 Andante quasi adagio

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847)

Trio n. 2 in re minore op. 49 Molto allegro agitato - Andante con moto tranquillo - Scherzo, leggero e vivace – Finale, allegro assai appassionato


SEDI DEI CONCERTI 

  • 26 maggio (ore 20.00): Istituto Storico Austriaco, viale Bruno Buozzi 113, (ingresso libero, prenotazione obbligatoria, lun.-ven., ore 10.00-16.00, tel: 06-36-08-26-25)
  • 28 maggio (ore 21.00) Villa Aurelia, American Academy in Rome, p. san Pancrazio 5, (ingresso libero, prenotazione obbligatoria: 06 ................)
  • 29 maggio (ore 21.00) Sala Settecento del Parco della Musica, viale de Coubertin 32, (ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti)



COMITATO ORGANIZZATIVO

Bianca Maria Antolini, Richard Bösel, Ala Botti Caselli, Markus Engelhardt, Andrea Sommer-Mathis

info: Istituto Storico Austriaco: 06-36-08-26-25 /
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Resoconto

Nei giorni 27, 28, 29 maggio 2004 si è svolto a Roma il convegno internazionale di studi “La cultura del fortepiano 1770-1830”, organizzato dall'Istituto Storico Austriaco di Roma, dalla Sezione di Musica dell'Istituto Storico Germanico di Roma e dalla SIdM (in collaborazione con: Nederlands Instituut te Rome, Istituto Svizzero di Roma, American Academy at Rome, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Da Ponte-Institut für Librettoforschung, Wien, Herbert von Karajan Centrum, Wien).

Nella mattina del 27 maggio, presso l'Istituto Storico Austriaco di Roma, il convegno ha preso avvio con i saluti introduttivi di Richard Boesel, Markus Engelhardt e Bianca Maria Antolini. La prima sessione, presieduta da M. Engelhardt, è stata aperta dall'intervento di Luca Aversano: L'importazione in Italia di fortepiano tedeschi e austriaci tra la fine del XVIII e i primi anni del XIX secolo. La prima testimonianza circa la presenza effettiva di pianoforti tedeschi e austriaci in Italia è un annuncio sulla «Gazzetta enciclopedica di Milano» del 1781. Aversano mostra come vari negozianti di musica di evidente origine tedesca, presenti in Italia fra 7 e 800, fossero in contatto con case editrici tedesche e austriache. Essi svolgevano opera di mediazione sul suolo italiano anche per la vendita degli strumenti, risultando altresì ingaggiati per la riscossione dei crediti. Aversano ha poi descritto le due modalità di vendita dei fortepiani: “commercio in conto vendita” e “commercio per conto del committente”. Col trascorrere del tempo venne preferita sempre più questa seconda modalità. L'intervento di R. Hopfner, Die Europareise eines Wiener Klavierbauers: kommerzielle Aspekte im Reisetagebuch Johann Baptist Streichers von 1821, si è incentrato sul diario che il costruttore di pianoforti viennese Johann Baptist Streichers stese durante un viaggio effettuato nel 1821-22 in Germania, Francia, Olanda, Inghiterra. In particolare, Hopfner ha tratteggiato un episodio svoltosi a Francoforte, cioè l'incontro tra Streicher e Johann Baptist Baldenecker, muscista e commerciante di strumenti che vendeva falsi fortepiani Streicher. Hopfner ha quindi proposto alcune osservazioni sulle modalità del commercio dei fortepiani e sulla valutazione di marchi ed etichette presenti negli strumenti di questi anni. Ha concluso la prima sessione Christian Witt-Dörring (Playing furniture? The piano and the interior in the first half of the 19th Century), con una relazione corredata dall'illustrazione di numerose diapositive. Attraverso le raffigurazioni di interni di palazzi e abitazioni il relatore ha messo in luce il mutamento nella concezione dello spazio e nel posto assegnato al fortepiano. La relazione di Elena Previdi, intitolata I costruttori milanesi di fortepiano tra Sette ed Ottocento: una prima ricognizione, ha aperto la sessione pomeridiana, presieduta da Rudolf Rasch. Previdi ha mostrato come il fortepiano italiano sia tuttora scarsamente conosciuto: esiguo il numero degli strumenti superstiti nelle collezioni pubbliche, molto rari gli studi sui costruttori italiani (al punto che questi ultimi, salvo eccezioni, non sono citati in alcun repertorio internazionale). Tuttavia da uno studio sui costruttori attivi a Milano tra 1791 e 1830 è emerso un notevole numero di soggetti, quasi tutti sconosciuti fino ad oggi. In molti casi questi costruttori sono membri delle stesse famiglie e si tramandano la bottega di padre in figlio fino all'unificazione italiana (1861); talvolta anche dopo. Un'indagine più specifica, effettuata su un singolo costruttore, ha permesso di rintracciare vari strumenti tuttora esistenti: si tratta di pianoforti a tavolino, per lo più in possesso di collezionisti privati. Ala Botti Caselli, nella sua relazione intitolata Il fortepiano nella letteratura del tempo: appunti per un'indagine comparata, ha delineato il percorso di una ricerca a vasto raggio volta a verificare in quale misura e sotto quali aspetti l'affermazione del fortepiano si manifestò nella cultura letteraria europea. La relatrice ha mostrato come, nonostante il perdurante fascino del melodramma, il fortepiano abbia guadagnato svariati riferimenti e testimonianze nel campo diaristico (a partire da Burney), nelle memorie (per es. quelle di D'Azeglio), nelle corrispondenze e nelle cronache musicali (F. M. Grimm, Heine)… Nel romanzo e nella poesia, invece, è più marcata la differenza fra i vari ambiti socio-culturali: per esempio, in Italia sembrano mancare quelle tracce della tangibile presenza del pianoforte che, invece, sono facilmente rintracciabili in Germania (a partire da Goethe), in Inghilterra (Jane Austen, Thomas Moore…) o in Francia (qui però lo strumento diverrà una presenza significativa solo a partire dagli anni Quaranta dell'Ottocento, con le protagoniste dei romanzi di Balzac e Flaubert). A conclusione, la Botti Caselli ha accennato alla grande risonanza che, in una fase storica successiva, il pianoforte avrà sulla letteratura russa (da Gogol a Èechov e Tolstoj).

L'intervento di Guido Salvetti: Il contributo del fortepiano alla didattica pianistica odierna, ha mostrato come la fortuna editoriale del pianoforte, nell'epoca della sua affermazione, sia stata strettamente legata all'intenzione didattica. Rispetto a trattati come il Türk o il Müller i contemporanei riconobbero nella Méthode di Louis Adam e nei metodi che la seguirono, un intento più “pratico”. Questi, infatti, si concentravano in massima parte sui problemi specifici dell'esecuzione, in particolare diteggiatura e ornamentazione; il loro obiettivo comune era l'uguaglianza fra le due mani, l'ideale la “naturalezza” (che si conquista a cominciare dalla postura). Salvetti ha commentato svariate problematiche di prassi esecutiva, per esempio l'attacco del tasto. L'ideale estetico che emerge dalla lettura di questi trattati è molto diverso da quello eroico, trascendentale, percussivo e sinfonico delle epoche successive. Attualmente, ha infine osservato Salvetti, la didattica pianistica di base si fonda ancora sulle opere di Czerny, Clementi, Cramer e su composizioni di Bach e Mozart: essa risulta perciò ancora legata al mondo del fortepiano, ma nello stesso tempo è ben distante dalle specifiche peculiarità di quell'approccio, che andrebbero recuperate. La prima giornata di lavori si è chiusa con la relazione di Anselm Gerhard, “Longues durées” cembalistiche nella prassi pianistica: la persistenza dell'arpeggio e la sua proscrizione nel Novecento. Il pubblico dei concerti pianistici è oggi educato al pieno rispetto del segno scritto e reagisce con sconcerto di fronte ad eventuali deroghe, come per esempio arpeggiare un accordo; tuttavia Gerhard dimostra come la prassi esecutiva pianistica sette-ottocentesca prevedesse una certa dose di libertà esecutiva comunemente accettata. In cosa consistesse tale libertà è tuttavia difficile da ricostruire giacché, in quanto frutto di ovvie consuetudini, spesso e volentieri ciò sfuggiva alla codificazione. Il relatore ha citato numerose testimonianze ed esempi musicali di accordi le cui note in esecuzione venivano arpeggiate anziché suonate simultaneamente: mostrando la prassi di Clementi, Czerny, Beethoven, Cramer e altri compositori fino a Brahms, egli ha tra l'altro evidenziato l'atteggiamento spesso contraddittorio di quanti da un lato condannavano l'arpeggio, dall'altro lo praticavano. Il concetto storiografico di “longue durée” spiega perché, nella transizione dal clavicembalo al fortepiano, si sia trasferita nel nuovo strumento anche la tecnica esecutiva, non più necessaria, che in precedenza aveva costituito una risorsa idiomatica.

La seconda giornata si è svolta presso l'Istituto Storico Germanico; la prima sessione, presieduta da Gerhard, si è aperta con la relazione di Arnfried Edler (Zwischen Ästhetik und Marktmechanismen. Wandlungen der Gattungsstruktur in der Klaviermusik zwischen 1770 und 1830), che ha inteso dimostrare come nel XVIII secolo, sulla ristrutturazione in corso dei generi musicali, abbia agito (provocando un sovvertimento) la novità del concetto di “opera singola”: ciascun singolo esemplare diventa rilevante perché parte di un processo che coinvolge tutti i meccanismi distributivi del mercato, dall'editoria (stampa, sottoscrizioni, cataloghi) alla didattica, al concertismo. Il rapporto tra genere e opera singola, insomma, subisce nella seconda metà del Settecento un mutamento profondo, mentre la produzione artistica comincia a essere contestualizzata nell'ambito di un generale processo di storicizzazione. La relazione di Bianca Maria Antolini (Editoria musicale e diffusione del repertorio) ha indagato le cause del vistoso aumento delle pubblicazioni di musica per fortepiano avvenuto a partire dagli anni '80 del '700 (si vedano i cataloghi degli editori parigini Bailleux e Imbault). In particolare la relatrice ha posto l'accento sullo spiccato carattere internazionale acquisito nel corso del XVIII secolo dal mercato europeo della musica a stampa. Il fortepiano raggiungerà il predominio assoluto delle stampe negli anni Venti del secolo successivo, in un'epoca nella quale i cataloghi si presentano ormai significativamente omogenei per quanto riguarda struttura e repertorio (cfr. Clementi 1823, Pleyel 1834 e Ricordi 1822 e 1825). Tipica iniziativa di questi anni è poi l'edizione completa di musiche pianistiche di grandi autori: Mozart, Haydn, Bach in primo luogo. Tali pubblicazioni avvengono a sottoscrizione, si realizzano su base pluriennale e soprattutto nascono con intenti di correttezza testuale. Su un piano completamente diverso, il repertorio contemporaneo più facile, di “consumo”, destinato ai dilettanti, trova un rilevante canale di diffusione all'interno dei giornali e dei periodici in abbonamento.

Markus Engelhardt ha introdotto la sua relazione presentando il volume di Luca Aversano, Die Wiener Klassik im Land der Oper. Über die Verbreitung der deutsch-österreichischen Instrumentalmusik in Italien im frühen 19. Jahrhundert (1800–1830), di imminente uscita nella serie “Analecta Musicologica”. Il suo intervento (Tra impegno culturale borghese e strategia commerciale: lo spartito d'opera nei rapporti italo-tedeschi durante il primo trentennio dell'Ottocento) ha trattato alcuni aspetti dell'editoria musicale italo-tedesca: la trascrizione di brani d'opera per pianoforte solo, in primo luogo. Questo tipo di brano musicale, di grande successo, si presenta come una riduzione e non una semplice trasposizione, riproduce gli elementi essenziali dal punto di vista armonico e melodico e, soprattutto, viene realizzata in base a delle precise scelte effettuate da colui che trascrive. Grazie alle riduzioni pianistiche a stampa, che soddisfano una richiesta sempre più pressante, la musica operistica precedentemente affidata alla circolazione di copie manoscritte trova presso gli editori del primo Ottocento un vasto mercato. Lo studioso si è poi soffermato sul mezzo di circolazione operistica per eccellenza, ovvero il «pezzo staccato», descrivendone le peculiarità; Engelhardt ha concluso affermando che la trascrizione pianistica di tali «pezzi staccati» funzionava da «cassa di risonanza»; essa appare un esempio di vero e proprio meccanismo pubblicitario messo in atto dagli editori. L'intervento di Janina Klassen (Pianiste. Rappresentanza musicale e quotidianità socioculturale) ha voluto essere un'analisi del ruolo delle prime pianiste europee, intese come categoria sociale. Le recensioni dei loro concerti vertono non solo sul commento dell'esecuzione, ma anche sulla “decenza o presunta indecenza” della loro comparsa pubblica, in quanto donne. Tali personaggi, fra cui Hélène de Montgéroult, Anna Maria Martinez, Maria Theresia Paradis e Maria Szymanowska, ebbero in effetti dei percorsi professionali molto differenti fra loro, a seconda del luogo in cui si trovarono a operare: così, se la Montgéroult divenne docente del Conservatorio di Parigi già dal 1795, la Paradis a Vienna dovette continuare a dipendere da iniziative private. Dal punto di vista musicale viene osservato che alle pianiste si richiedevano soprattutto qualità emotive, espressive, non forza e virtuosismo tecnico, prerogative degli interpreti di sesso maschile: ciò anche in base al profilarsi degli studi medici fondati sulle differenze fisiologiche fra uomo e donna.

La sessione pomeridiana, presieduta da Pierluigi Petrobelli, è stata aperta da Anik Devriés-Lesure, che ha presentato un ritratto di Frédéric Kalkbrenner, compositore-pianista di origine tedesca naturalizzato francese, personaggio di spicco della cosiddetta “prima generazione” di grandi pianisti. Il titolo della relazione, Frédéric Kalkbrenner et les Pleyel, une association complementaire, ha voluto sottolineare in particolare il fatto che, grazie alla scoperta di documenti d'archivio inediti, è stato possibile far luce su un aspetto fino ad ora completamente ignorato dell'attività di Kalkbrenner: la sua avventura come socio della ditta di pianoforti Pleyel. Assieme ad altri amici, fra cui Méhul e Rossini, Kalkbrenner aveva contribuito al risanamento finanziario dell'impresa Pleyel, in grave crisi all'inizio degli anni Dieci: tempo dopo, invece di essere rimborsato, egli accettò di entrare nella società con Ignace Pleyel e il figlio di quest'ultimo, Camille (1829): una scelta che gli frutterà a lungo notevoli introiti, come mostrano i dati relativi al 1846-47. Figura emblematica del suo tempo, Kalkbrenner non fu solo virtuoso del pianoforte, ma anche compositore, didatta e costruttore di strumenti e la relatrice ha voluto evidenziare come tutte queste attività fossero intersecate l'una all'altra. Fondatore di una scuola pianistica assai rinomata, Kalkbrenner fu tra i primi a creare dei corsi di perfezionamento, in cui tra l'altro cercò senza successo di attirare Chopin. Ed è proprio la scelta effettuata da Camille Pleyel nel 1831 di sostituire Chopin a Kalkbrenner come “testimonial” dei propri strumenti, a mostrare simbolicamente il trapasso alla seconda generazione di pianisti: il declino di Kalkbrenner è infatti intimamente legato alla trasformazione dello strumento nel pianoforte romantico.

Roberto Illiano ha presentato poi una relazione dal titolo La musica per fortepiano nella scena londinese a cavallo dei secoli XVIII e XIX, nella quale ha commentato il contributo dei pianisti-compositori alla letteratura per pianoforte inglese. Negli ultimi decenni del secolo XVIII Londra era diventata un notevolissimo centro di produzione di pianoforti, oltre che la sede di rilevanti miglioramenti tecnologici dello strumento (i nomi di riferimento sono quelli di Clementi, in società con Collard, e di Broadwood). In città confluiscono in gran numero, attratti da concrete possibilità di lavoro, svariati personaggi legati al mondo del pianoforte: i notissimi stranieri (l'italiano Clementi, l'irlandese Field, il tedesco Cramer, il boemo Dussek) e tanti musicisti inglesi: questi ultimi sono oggi sconosciuti in maniera totale (Attwood, Burton, Camidge, Dance, Haigh, Hook, Cipriani Potter…) o parziale (Pinto, Crotch e Wesley). Eppure il loro contributo, ha auspicato Illiano, andrebbe riscoperto facendo in primo luogo uno sforzo di tipo editoriale, ossia rendendo accessibile un repertorio che al giorno d'oggi è, oggettivamente, di difficile reperibiltà. L'intervento di Massimilano Sala (L'esperienza mitteleuropea nel panorama musicale parigino dall'ancien régime alla Restaurazione), ha invece presentato il panorama musicale parigino tra Sette ed Ottocento, assai vivace e caratterizzato dallo sviluppo di un vero e proprio mercato musicale. Grazie alla rete di concerti si sviluppa uno specifico repertorio strumentale (soprattutto d'importazione) basato sulla sinfonia, sul concerto per strumento e orchestra e sul pianoforte solo. Quest'ultimo strumento diventa il protagonista assoluto della scena; in un primo tempo Parigi deve far fronte alla richiesta del suo mercato con importazioni di strumenti e di tecnologia; successivamente la città si guadagna un ruolo di primissimo livello fino a diventare, durante la Restaurazione, protagonista a livello europeo. Due musicisti particolarmente significativi per questo processo di emancipazione del pianoforte parigino sono Eckard (che fu il primo a Parigi a comporre musica espressamente destinata al pianoforte) e Dussek (che contribuì al miglioramento dello strumento, oltre che allo sviluppo del suo linguaggio specifico).

La terza giornata si è svolta nella cornice del Parco della Musica di Roma (Sala Risonanze); presieduta da Botti Caselli, la mattinata è stata aperta dalla relazione di A. Duane White che ha ricostruito la vita professionale del pianista-compositore Anton Eberl, oggi dimenticato, tipico esponente del suo tempo (Anton Eberl composer and pianist between Vienna, Germany and Russia). Morto a soli 41 anni nel 1807, Eberl fu autore di moltissima musica attualmente perduta (restano meno di un centinaio di brani). Va ricordato che sotto il nome di Mozart venne pubblicata musica in realtà di Eberl: parecchia della sua musica superstite, soprattutto quella composta negli ultimi sette anni, merita di essere riscoperta, esaminata e soprattutto eseguita. In coda all'intervento, l'ascolto di alcuni brani per pianoforte di Eberl ha mostrato l'affiorare di alcune soluzioni in futuro tipiche di Chopin, Field e Beethoven. A seguire, Otto Biba (Klavierszene Wien um 1800. Instrumentenbauer, Komponisten, Pianisten) ha fornito un panorama ad ampio raggio della situazione musicale viennese per quanto attiene alla costruzione dei fortepiano, alla composizione e all'esecuzione sul nuovo strumento. Il contributo di Rudolf Rasch (The transition from harpsichord to pianoforte in Holland 1750-1800) si è incentrato sull'analisi del periodo di transizione nell'avvicendamento fra clavicembalo e fortepiano per quanto riguarda i Paesi Bassi settentrionali. Cronologicamente, l'ultimo cembalo olandese rintracciato risale al 1787; le notizie sui primi pianoforti invece ascendono alla metà degli anni Settanta, con l'apertura di ditte ad Amsterdam; gli strumenti qui prodotti erano pianoforti a tavolino sul tipo inglese. Il pianoforte era però conosciuto in Olanda già dagli anni Cinquanta. Il primo concerto per pianoforte documentato nei Paesi Bassi risale al 1779. Le composizioni pubblicate in Olanda riportano sul frontespizio la destinazione “per il clavicembalo” a partire dagli anni Sessanta fino ai primi Ottanta; tuttavia nel 1766 appare la dicitura “per clavicembalo o pianoforte”, che continua occasionalmente negli anni Settanta e regolarmente dal '77 fino al 1800. Dal 1780 invece comincia sporadicamente a comparire “pour le pianoforte”. In generale dunque si può riassumere che le stampe fino al 1780 presentano sempre il riferimento al clavicembalo, mentre dopo tale data la destinazione che non viene mai tralasciata è quella pianistica.

L'ultima sessione, presieduta da Antolini, si è aperta nel pomeriggio con la relazione di Christoph Flamm, I primordi della musica pianistica russa a San Pietroburgo. In primo luogo il relatore ha effettuato un'analisi del retroterra socioculturale russo al tempo dell'ingresso del pianoforte, mostrando come a metà '700 il fenomeno più evidente in terra russa è la presenza di musica e musicisti italiani e tedeschi presso la corte dello zar, mentre i nobili in privato suonano clavicembalo, clavicordo, arpa, zither e strumenti a fiato; nel contempo non esiste una classe borghese, cosicché il pianoforte comincia a penetrare fra le dame della nobiltà. Flamm ha poi continuato commentando la produzione e diffusione della musica per tastiera, e quella degli stessi strumenti, nel secolo XVIII. Vi è una forte carenza di pianoforti russi conservati e comunque non è ancora chiaro se gli strumenti di cui si ha notizia nel secondo '700 si costruissero o se si importassero. A fine secolo, però, è tipico ritrovare a San Pietroburgo e Mosca l'intreccio di attività fra composizione, costruzione di strumenti, insegnamento e gestione di una casa editrice. Nello stesso periodo assistiamo a un boom di musica per dilettanti. L'ultimo punto affrontato da Flamm riguarda le relazioni del pianismo russo con l'estero. I compositori stranieri che agiscono in Russia fino al 1800 si adeguano completamente alla moda locale, proponendo danze e variazioni: solo dopo tale data si assiste a un'europeizzazione del gusto e ad un ampliamento del livello estetico nei generi toccati, grazie all'attività degli editori Gerstenberg e Dittmar e, ancor più, dei virtuosi Hessler (in Russia dal 1794), Eberl (dal '96), Field (1802) e Steibelt (1809). Rudolph Angermüller (Sigismund Ritter von Neukomm, sempre in giro) ha esposto una minuziosissima cronologia dei viaggi di Sigismund Neukomm (Salisburgo 1778 – Parigi 1858). Neukomm girò l'Austria, la Russia, la Germania, la Francia, fu in Boemia, in Belgio, in Brasile, in Italia, in Svizzera, Olanda, Inghilterra, Svezia, Galles, Irlanda e Algeria. I numerosissimi viaggi intrapresi dal nostro sono stati citati anche in rapporto alle composizioni da lui create in tali frangenti, come pure ai contestuali accadimenti (sue direzioni di concerti, incontri con personaggi di spicco del mondo musicale e politico, esperienze disparate).

L'ultima relazione del convegno è stata quella di Laurence Libin (Pennsylvania, cradle of american piano culture), il quale ha fornito un'interessante panoramica sulle fasi iniziali della storia del pianoforte statunitense, considerata in base alle caratteristiche peculiari proprie di quel sistema produttivo. Libin ha infatti preventivamente osservato che lo stile compositivo pianistico in America acquisterà una propria indiscutibile specificità solo a partire dagli anni 50 dell'Ottocento. Lo spirito avventuroso dei costruttori americani si rintraccia già nei primi esperimenti per dotare gli strumenti di un telaio metallico. La cultura del pianoforte americano appare fin da subito essenzialmente democratica: lo strumento assume un forte ruolo sociale, di coesione familiare, che si lega anche al motivo patriottico (dopo la Rivoluzione del 1781). Gli esecutori, borghesi fra cui numerose donne, desiderano pezzi semplici e si accontentano di strumenti modesti. Le prime testimonianze del pianoforte negli Stati Uniti risalgono già a metà anni '60; a partire dal decennio seguente si registra l'avvio e il subitaneo accrescimento della produzione interna di strumenti, dapprima per mano di immigrati tedeschi in Pennsylvania. Lo Stato (con la sua capitale Philadelphia) restò il centro della costruzione e del commercio di pianoforti fino al 1830, quando le città del Nord, Boston e New York, gli sottrassero il primato con i marchi Chickering e Steinway.

Parallelamente al convegno si sono svolti tre concerti, all'Istituto storico austriaco, all'American Academy, e al Parco della Musica (sala 700), in cui il fortepianista Arthur Schoonderwoerd ha eseguito musiche di C. Ph. E. Bach, A. Reinagle, J. B. Cramer, J. N. Hummel, S. Ritter von Neukomm, A. Eberl, F. X. Mozart, J. L. Dussek, F. Schubert, L. van Beethoven. Nel concerto al Parco della Musica inoltre il Trio composto da Stefan Stroissnig, pianoforte, Dalibor Karvay, violino, Milan Karanovic, violoncello (borsisti 2003/04 dello Herbert von Karajan Centrum, Vienna) ha suonato musiche di J. B. Cramer, J. Haydn, F. Mendelssohn-Bartholdy.

Elena Previdi