(2014) I codici liturgico-musicali in Calabria

Istituto di Bibliografia Musicale Calabrese

in collaborazione con il Conservatorio di musica ‘F. Torrefranca’ di Vibo Valentia

con il patrocinio della Società Italiana di Musicologia

Convegno di Studi

Vibo Valentia, Archivio di Stato

6-8 novembre 2014

Dépliant

Locandina

Programma e resoconto

Giovedì 6 novembre 2014, ore 15,30

Saluti

  • Mons. Francesco Milito, Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani, Vescovo della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi
  • Vincenzo Michele Misitano,  Archivio di stato di Vibo Valentia
  • Francescantonio Pollice, Conservatorio di Vibo Valentia
  • Agostino Ziino, Società italiana di musicologia, Istituto italiano per la storia della musica, Istituto di bibliografia musicale calabrese
  • Mons. Luigi Renzo, Vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea

Ore 16,00, presiede Francescantonio Pollice

  • Giacomo Baroffio, Prolusione
  • Annunziato Pugliese, Per una mappa delle fonti liturgico-musicali in Calabria

Discussione

Pausa caffè

  • Antonio Pangaro, Frammenti di codici liturgici dell’Archivio di stato di Cosenza: proposta del software The neumes notation
  • Paolo Pollice, Le pergamene in notazione aquitana nella Biblioteca della Certosa di Serra San Bruno
  • Rosario Raffaele, Le pergamene liturgico-musicali dell’Archivio di stato di Catanzaro

Discussione

 

Venerdì 7 novembre 2014, ore 09,30, presiede Nino Albarosa

  • Rossella Russo, Gli antifonari della Biblioteca civica di Altomonte
  • Felicia Di Salvo, Il graduale 11 del convento di S. Domenico di Soriano Calabro
  • Maurizio Scarfò, I codici liturgico-musicali dell’Archivio della Cattedrale di Gerace
  • Daniela Bifano, I codici liturgico-musicali del Museo diocesano di Rossano Calabro

Pausa caffè

  • P. Michele M. Fortuna O. P., Fondo e restauro dei libri corali del Convento S. Domenico in Soriano
  • Virna Perrotta, I codici liturgico-musicali dell’Archivio della chiesa di S. Pietro di Morano Calabro
  • Giovanna Lumare, I codici liturgico-musicali della Abbazia di San Giovanni in Fiore
  • Maria Elena Murano, I codici liturgico-musicali della Biblioteca civica di Cosenza

 

Venerdì 7 novembre 2014, ore 15,30, presiede Agostino Ziino

  • Marco Gozzi, La Messa di Lorenzo Maria Varano e i Credo mensurali del Cod. lit. 13 del Convento domenicano di Soriano Calabro
  • Cesarino Ruini, Fonti in Cantus planus binatim nei codici liturgico-musicali dell’Archivio della Cattedrale di Gerace
  • Angelo Rusconi, Repertori a confronto: cantus fractus e polifonia semplice nelle fonti calabresi e nella diocesi ambrosiana

Discussione

Pausa caffè

  • Emilia Talamo, Le incisioni nei libri liturgici calabresi
  • Anastasia Kim, Le sequenze nelle fonti calabresi
  • Katia Guida, Le miniature sui libri di coro in Calabria fra XV e XVII secolo

 

Venerdì 7 novembre 2014, ore 19, Chiesa di S. Michele

Concerto in collaborazione con A.M.C. Calabria

Il canto gregoriano nella tradizione liturgica calabrese

Ancillae Domini, Direttore: Giacomo Baroffio

 

Sabato 8 novembre 2014, ore 9,30, presiede Francesco Paolo Russo

  • Massimo Distilo, Un commentario del monaco Barlaam sugli Armonici di Tolomeo (XIV secolo)
  • Giuseppe Russo, I frammenti in scrittura beneventana conservati nella Calabria settentrionale
  • Antonio Maria Adorisio, Il Messale pretridentino della chiesa di Cosenza

Discussione

Pausa caffè

  • Donatela Bucca, I codici musicali della Calabria bizantina nella collezione manoscritta del Ss. Salvatore di Messina
  • Maria Paola Borsetta, Manoscritti, libri e commercio librario a Cosenza tra Cinque e Seicento
  • Adriana Ascrizzi, Un frammento dell’Evangeliario della chiesa greca di Scilla

Discussione

 


Resoconto

Dal 6 all’8 novembre 2014, presso l’Archivio di Stato di Vibo Valentia, si è svolto il Convegno di studi I codici liturgico-musicali in Calabria promosso dall’Istituto di bibliografia musicale calabrese (Ibimus calabrese) in collaborazione con il Conservatorio di musica F. Torrefranca di Vibo Valentia.

L’inizio dei lavori è stato preceduto da un breve saluto del Direttore del Conservatorio, Francescantonio Pollice, il quale ha ricordato, fra l’altro, l’impegno dell’istituzione che rappresenta, nel campo della produzione e della ricerca oltre che in quello della formazione. Hanno fatto poi seguito i saluti del Vincenzo Michele Misitano, direttore dell’Archivio di stato di Vibo Valentia, che ha espresso il suo orgoglio per la prestigiosa collaborazione con il Conservatorio; di Agostino Ziino, rappresentante della Società italiana di musicologia e dell’Istituto italiano per la storia della musica; di mons. Francesco Milito, vescovo della diocesi di Oppido-Palmi e presidente dell’Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani, e mons. Luigi Renzo, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea.

Il convegno è stato organizzato con l’obiettivo di fare il punto sugli studi sulle fonti liturgico-musicali conservate negli archivi, nelle biblioteche e nei musei della Calabria, anche attraverso confronti con fonti analoghe sparse nel resto d’Italia. Alcune relazioni si sono rivelate frutto dell’approfondimento di indagini avviate come tesi di laurea discusse in alcune università italiane, in particolare in quella della Calabria; altre come i primi risultati di studi appena avviati e ancora in fieri.

La prima sessione dei lavori è stata presieduta da Francescantonio Pollice e introdotta dalla prolusione di Giacomo Baroffio, il quale, per motivi di salute, non ha potuto essere presente, ma ha inviato la sua relazione, che è stata letta. Lo studioso ha fatto notare come a partire dalla fine dell’Ottocento sono state pubblicate panoramiche sempre più complete sulle fonti liturgiche italiane; ancora oggi, però, nonostante molti siano i progetti nazionali di catalogazione (Archangelus, Raphael), mancano accenni alle fonti liturgico-musicali calabresi. Pertanto, Baroffio ha voluto invitare gli studiosi a continuare l’indagine su tali fonti facendo attenzione agli inevitabili problemi filologici e, in particolare, alla coesistenza di due riti liturgici, quello greco e quello latino, poiché il primo potrebbe avere punti di contatto con la liturgia bizantina, mentre il secondo è certamente influenzato dalla presenza nella regione di uomini di fede di spessore europeo (come Cassiodoro e Gioacchino da Fiore) e di famiglie religiose (certosini, francescani) diffuse nel territorio, che probabilmente hanno adatto la liturgia alle esigenze delle diverse comunità locali. Baroffio ha, infine, sottolineato la necessità di realizzare un corpus delle fonti liturgico-musicali rintracciate in Calabria.

La sessione è continuata con l’intervento di Annunziato Pugliese, il quale, negli anni scorsi, nella duplice veste di presidente dell’Ibimus calabrese e di docente di paleografia musicale presso l’Università della Calabria, ha dato impulso alla ricerca sistematica delle fonti liturgico-musicali nella regione e ha potuto perciò elaborare una mappa delle stesse, accennando a molti degli argomenti oggetto di relazioni nel corso del convegno. In particolare, il relatore si è soffermato sull’assenza di tracce di centri di scrittura musicale in notazione neumatica, mentre invece sono pervenuti solo alcuni frammenti in notazione beneventana (conservati a Cosenza presso la Biblioteca cappuccina del SS. Crocifisso e la Biblioteca civica) e aquitana (presso la Certosa di Serra S. Bruno), ma probabilmente non redatti in loco. I codici originali di queste liturgie, caduti in disuso con il passare del tempo e soprattutto con la riforma liturgica tridentina, furono smembrati e utilizzati come coperte di protocolli notarili (ciò vale per molte pergamene rinvenute negli Archivi di stato di Castrovillari, Cosenza e Catanzaro) o rilegate alla fine di messali (è il caso del frammento conservato presso la Biblioteca del convento dei minimi a Paola). Molti codici completi contenenti antifonari, salteri, graduali e breviari sono stati rinvenuti a Paola, Morano Calabro, Cassano allo Ionio, Rossano, nonché nella Biblioteca del convento dei domenicani di Soriano Calabro.

Paolo Pollice, in una relazione dal titolo Il Graduale 44P della Biblioteca della Certosa di Serra San Bruno (VV), ha parlato di un graduale pergamenaceo appartenente al rito certosino, curato e in eccellente stato di conservazione (ad eccezione di alcune rubriche), conservato presso la Certosa calabrese. La copiatura del manoscritto risale alla seconda metà del secolo XIII, vista la presenza in esso di festività inserite nel rito certosino a partire dal 1258 e l’assenza della festa del Corpus Domini (introdotta nel culto dal 1318). La provenienza dovrebbe essere da un’area di confine tra la Francia e la Svizzera, da cui sarebbe giunto in Calabria intorno al 1901. Al graduale sono state aggiunte alcune messe e tra le inserzioni si può annoverare l’Alleluia Veni Sancte Spiritus che è in disaccordo con la pratica certosina di ammettere nelle parti cantate solo testi tratti dalle Sacre Scritture.

Rosario Raffaele ha relazionato su Le pergamene liturgico-musicali dell’Archivio di stato di Catanzaro, frammenti di canti gregoriani in notazione quadrata, databili tra il XIV e il XV secolo, utilizzati come copertine di atti notarili secenteschi e ottocenteschi. Su uno dei fogli di questi frammenti si possono scorgere dei segni grafici poco coerenti, se non anacronistici, con la notazione usata e con il periodo di datazione.

La sessione antimeridiana di venerdì 7 novembre è stata presieduta dal prof. Francesco Paolo Russo. La prima a relazionare è stata Rossella Russo, la quale ha fatto un’analisi dei codici liturgici domenicani della Biblioteca civica di Altomonte (CS). Si tratta di cinque antifonari inventariati all’inizio del Novecento, per i quali è difficile stabilire se siano stati scritti ad Altomonte o ivi portati in un secondo momento. I primi quattro antifonari contengono i canti da eseguirsi secondo il calendario liturgico; il quinto presenta antifone a partire dalla terza domenica di avvento, ma è ha un formato più piccolo e ciò fa ipotizzare che potesse essere destinato a un solista.

Daniela Bifano ha esposto il suo lavoro di analisi dei codici liturgico-musicali cinquecenteschi del Museo diocesano di Rossano (CS), soffermandosi, in particolar modo, su due salteri-innari pergamenacei, entrambi da attribuire a uno stesso amanuense, il primo dei quali (RSC md R III), oltre al salterio, presenta anche l’Officio per i defunti. L’analisi è stata corredata da indici degli incipit (progressivo e alfabetico), per favorire il confronto con gli stessi inni che si riscontrano in altre fonti e/o verificarne l’eventuale unicità.

Agostino Ziino ha analizzato la ricorrenza delle sequenze nelle fonti calabresi, soffermandosi, in particolar modo, su un prosario-sequenziario cinquecentesco proveniente dal Convento dei domenicani di Cosenza: attraverso un confronto tra gli incipit della fonte calabrese e quelli catalogati da Margot E. Fassler relativi alla liturgia domenicana della metà del secolo XIII, il relatore ha fatto notare i consistenti punti di contatto tra quella tradizione e quella persistente nella metà del Cinquecento in Calabria.

Giovanna Lumare ha descritto i quattro volumi di codici liturgico-musicali conservati nell’Abbazia di San Giovanni in Fiore (CS) e risalenti alla seconda metà del XVIII secolo. Dei quattro libri, due sono a stampa e gli altri due manoscritti; questi ultimi si completano a vicenda dal punto di vista liturgico, mentre dal punto di vista paleografico differiscono notevolmente per accuratezza: il primo ha iniziali ornate, mentre il secondo no; il primo è stato redatto con un inchiostro acido, che lo ha corroso, il secondo con un inchiostro normale. Entrambi sono legati alla tradizione liturgico-musicale dell’ordine cistercense.

Maria Elena Murano ha fatto una veloce panoramica de I codici liturgico-musicali della Biblioteca civica di Cosenza. Si tratta di trenta manoscritti membranacei, provenienti dai conventi di S. Domenico e S. Francesco di Cosenza, che versano in totale abbandono. In particolare, si è soffermata su due tra i codici domenicani (trasferiti alla Biblioteca Civica di Cosenza nel 1892), il sequenziario contrassegnato con il numero 15 e il codice 21: il primo è costituito da 82 carte (tra cui un palinsesto) e reca il colophon da cui si ricava l’anno (1543) e l’autore (Vincenzo Giardino di Malito); il secondo è in pessimo stato di conservazione, poiché l’inchiostro ha corroso la membrana, e conserva melodie polifoniche a due voci in notazione mensurale e costruite ex novo. I codici francescani, invece, provengono da una buona scuola di miniatura e copiatura; sono otto e, tra questi, i primi cinque sono codici consecutivi e presentano l’intero ciclo liturgico, gli altri tre sono antifonari con caratteristiche comuni redatti tra il 1534 e il 1542 da Francesco Ferris di Policastro (colophon). Entrambi i filoni di codici recano canti che non trovano riscontri in fondi ufficiali, il che dimostrerebbe il loro uso locale.

La sessione pomeridiana di venerdì 7 novembre è stata presieduta dal prof. Nino Albarosa. Il primo contributo della sessione è stato offerto da Cesarino Ruini, il quale ha analizzato Le fonti in cantus planus binatim nei codici liturgico-musicali dell’Archivio della Cattedrale di Gerace (RC). I manoscritti, risalenti alla fine del Quattrocento, presentano una o più linee melodiche aggiunte in un secondo momento sulle preesistenti melodie monodiche: in particolare, sono interessati da tale fenomeno responsori e antifone. L’adozione di queste nuove linee melodiche non era massiccia, ma vi era alternanza tra le sezioni polivocali e quelle rimaste in cantus firmus.

Marco Gozzi ha presentato una relazione sul Cod. lit. 13 del Convento domenicano di Soriano Calabro (VV) che contiene, tra l’altro, alcuni credo mensurali e la Messa di mons. Lorenzo Maria Varano, domenicano e vescovo di Bisignano (CS) nel tardo Settecento. Il codice risale proprio a tale periodo, anche se presenta inserzioni databili all’inizio dell’Ottocento. Esso contiene canti liturgici di vario genere ed è stato molto danneggiato dalle diverse vicende storiche occorse (come la lunga permanenza sotto le macerie del terremoto del 1783). La sezione dei credo mensurali presenta un indice dei canti contenuti, di cui il relatore ha approntato un incipitario e un confronto con canti analoghi rintracciati in altri codici. Nel codice vi sono, poi, due messe, la prima anonima e la seconda che porta il nome del vescovo Varano e presenta l’alternanza tra cantus planus e parti con accompagnamento organistico: per la solennità che traspare da tale messa (numerose sono le indicazioni come “Largo assai”), si potrebbe pensare che fosse in onore di S. Domenico.

Angelo Rusconi, invece, ha effettuato un confronto tra i repertori in cantus fractus e polifonia semplice della liturgia calabrese (facendo riferimento in particolar modo alle fonti di Gerace) e quelli del rito ambrosiano. In quest’ultimo, sono poche le testimonianze in polifonia semplice, se non quella offerta dal quattrocentesco maestro di cappella del duomo di Milano Franchino Gaffurio – il quale nella sua opera Practica Musicae parla di un falso contrappunto (procedente per seconde e quarte) che si praticava durante le vigilie delle feste dei santi e dei defunti – e alcuni antifonari, analizzati dal relatore, comprendenti canti estremamente semplici che rimandano alla polivocalità popolare, anche perché numerosi sono i procedimenti per terze. La relazione di Rusconi è stata arricchita dalla riproduzione audio di un’antifona del rito ambrosiano cantata un tempo a Premana (LC), Rogate ceri. Le osservazioni del relatore, quindi, hanno cercato di dimostrare come il cantus fractus rappresenterebbe il punto di incontro tra canto colto e canto popolare, per cui sarebbe necessario interrogarsi sul suo significato storico, sul modo e sui luoghi in cui tali canti venivano eseguiti.

Emilia Talamo ha presentato una relazione dal titolo Le incisioni nei libri liturgici calabresi, nella quale ha analizzato il repertorio iconografico della regione, soffermandosi sulle incisioni più importanti e operando, laddove possibile, un attento confronto con dipinti conservati a Roma. Nella Cattedrale di Squillace (CZ), per esempio, è conservato un Canon Missae stampato a Urbino nel 1727 e giunto nella città calabrese probabilmente qualche anno dopo; in esso ci sono molte incisioni di Hubert Vincent che sono riproduzioni di dipinti romani, come ad esempio l’Assunzione della Vergine che riproduce l’omonimo dipinto di Annibale Carracci per la cappella Cerasi della chiesa di S. Maria del Popolo a Roma. Imitazioni di opere romane sono state riscontrate anche in due versioni di uno stesso messale conservate nelle chiese di S. Maria Maggiore a Corigliano Calabro (CS) e S. Antonio a Rende (CS). Invece, inedite sono le incisioni di un breviario, stampato a Venezia nel 1732 e conservato nella sacrestia della chiesa di S. Benedetto a Cetraro (CS), la cui autrice è la veneziana Suor Isabella Piccini attiva tra la seconda metà del ‘600 e l’inizio del ‘700. Infine, la relatrice ha mostrato delle incisioni su frontespizi e antiporti di libri non liturgici secenteschi e settecenteschi conservati a Lamezia (CZ) nella Casa del libro antico.

Giuseppe Russo ha fatto un intervento sulle testimonianze in scrittura beneventana rinvenute nell’Archivio di stato di Castrovillari (CS). Si tratta di due frammenti pergamenacei, appartenenti ad uno stesso codice, che costituivano le carte di guardia di alcuni protocolli notarili rogati tra il XIV e il XVIII secolo. Secondo il relatore, le pergamene non furono vergate in loco e dovrebbero risalire ai secoli XI-XII. Esse contengono brani per le feste dei santi e per alcune celebrazioni votive.

Subito dopo la chiusura della sessione, presso la chiesa di San Michele di Vibo Valentia, si è tenuto il concerto “Il canto gregoriano nella tradizione liturgica calabrese”, eseguito dal coro Ancillae Domini diretto da Felicia di Salvo: sono stati eseguiti introiti, antifone e inni gregoriani ricavati dagli antifonari, dai graduali e dai corali conservati in archivi e biblioteche calabresi.

L’ultima sessione dei lavori, quella di sabato 8 novembre 2014, è stata presieduta dal prof. Agostino Ziino ed è stata aperta dalla relazione di Massimo Distilo, il quale ha parlato di Un commentario del monaco Barlaam sugli Armonici di Tolomeo (XIV secolo). L’opera dovrebbe risalire al 1331 circa e fu pubblicata in edizione moderna da uno studioso tedesco nel 1840. Dopo aver ripercorso le vicende salienti della vita di Barlaam – forse monaco del monastero di S. Basilio a Galatro (RC), vescovo di Gerace dal 1342 al 1348 – il relatore si è soffermato sulla parte del Commentario relativa agli ultimi tre capitoli degli Armonici di Tolomeo: in essa può essere rintracciato un certo astio di Barlaam nei confronti dell’autore di questi capitoli, non certamente Tolomeo (essendo ormai morto), ma probabilmente Niceforo Gregoras, con cui l’allora monaco aveva avuto una disputa culturale. Barlaam cerca, così, di dimostrare l’incongruenza dei capitoli 14-15-16 degli Armonici con il pensiero espresso nel resto dell’opera da Tolomeo, e lo fa dando prova di grandi competenze musicali, astronomiche e matematiche e di padronanza della teoria musicale greca.

Maurizio Scarfò ha offerto una panoramica sui codici dell’Archivio della cattedrale di Gerace (RC) risalenti alla fine del XV secolo. Si tratta di dieci codici, tutti pentagrammati eccetto uno tetragrammato, che comprendono sia graduali che antifonari. Essi furono copiati per volontà di Athanasius Chalceopilus, vescovo di Gerace dal 1461 al 1497, che volle sopprimere il rito greco, ancora ampiamente conservato nella diocesi, in favore di quello latino. Nonostante il colophon di un corale rechi il nome del presbitero Gregorius Paparcadius quale redattore del codice, egli non fu l’unico a compilare tutti i corali: almeno due furono i monaci amanuensi, poiché le caratteristiche della scrittura e della notazione non sono completamente omogenee.

Padre Michele Fortuna, domenicano del Convento di Soriano Calabro (VV) ha relazionato sui libri corali custoditi ancora oggi nel convento. Il suo resoconto è partito dal Seicento, quando nel paese esisteva una tipografia voluta da un padre domenicano per ricostruire la biblioteca distrutta da un recente terremoto; il fondo non fu in mano ai frati tra gli anni 1866 e 1948, quando il comune riaffidò la biblioteca ai padri. Ventuno tra i libri dei corali furono restaurati nel 2003, mentre tutti i circa settemila volumi del fondo furono catalogati da padre Antonino Barilaro.

Maria Paola Borsetta ha presentato l’esito delle sue ricerche d’archivio relative a Manoscritti, libri e commercio libraio a Cosenza tra Cinque e Seicento. Tra le diverse notizie fornite dall’analisi, emerge, per quanto riguarda i libri liturgici circolanti all’epoca, la commercializzazione di messali gallicani (il rito era, infatti, molto diffuso fino al Concilio di Trento) e il cospicuo numero di librai provenienti da Brescia, Venezia e Napoli, mentre non si ha, per ora, notizia di librai residenti in città dalla fine del ‘600 fino all’Ottocento.

Donatella Bucca, in un lavoro totalmente originale, ha analizzato i codici musicali bizantini rintracciati nella collezione manoscritta del monastero basiliano del SS. Salvatore di Messina e attualmente conservati nella Biblioteca Regionale Universitaria della città siciliana. Si tratta di codici di grande importanza per due motivi: innanzitutto, offrono testimonianza del rito greco-bizantino di cui rimangono scarse testimonianze, e, in secondo luogo, presentano tre diversi tipi di notazione musicale – ecfonetica (che indica il modo in cui il testo doveva essere recitato), paleo-bizantina (usata per gli inni tra il secolo X e la seconda metà del XII) e medio-bizantina (XII - primo ventennio XIX secolo). I codici sono privi di sottoscrizione, ma risalgono al periodo che va dal X al XVI secolo. Essi non hanno avuto tutti origine in loco: provengono, infatti, da aree diverse, Costantinopoli in primis, ma anche le periferie orientali dell’Impero bizantino e, nello specifico, l’ambiente italo-greco (calabro e siculo).

Adriana Ascrizzi ha presentato il frammento dell’evangeliario della Chiesa greca di Scilla, unico manoscritto di musica bizantina in Calabria, attualmente conservato nella Biblioteca comunale di Reggio Calabria, e rinvenuto tra i protocolli di un notaio scillese. Il frammento dovrebbe risalire al XII secolo, prima della sostituzione della tradizione bizantina con la nuova liturgia latina. Lo stile è in notazione reggina e in forma ecfonetica.

Da quanto emerge dalla presente cronaca, al convegno sono intervenuti molti studiosi che hanno fatto il punto della situazione degli studi sui codici liturgico-musicali calabresi. Sono stati presentati i risultati delle ricerche e offerti spunti per ulteriori indagini sui temi affrontati. Gli argomenti hanno, in generale, suscitato l’interesse degli studiosi, i quali spesso hanno aperto dibattiti ampiamente partecipati e si sono scambiati considerazioni sulle rispettive esperienze di studio; anche le discussioni, pertanto, hanno offerto spunti di riflessione per affinare le ipotesi di ciascuno.

Il convegno si è concluso con un accorato appello da parte dei partecipanti a tutte le autorità competenti affinché vengano profusi tutti gli sforzi possibili in modo da non disperdere e da salvaguardare la ricchezza culturale (circa 370.000 tra volumi e manoscritti) della Biblioteca civica di Cosenza che rischia di essere dimenticata.

Francesca Maria Raso