Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Alta Formazione Artistica e Musicale

Conservatorio di musica “Domenico Cimarosa” di Avellino

Istituto di Alta Cultura Musicale, Artistica e Coreutica

Con il patrocinio di:
Regione Campania
Comune di Avellino
Seconda Università degli Studi di Napoli
Società Italiana di Musicologia
Fondazione Istituto Italiano per la Storia della musica

 

Convegno nazionale di studi

Avellino, Conservatorio “Domenico Cimarosa”

20-21 novembre 2015

Dépliant

Locandina

Programma e resoconto

Venerdì 20 novembre

ore 15,00 Saluti

 

  • Dott. Luca Cipriano, Presidente del Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino
  • M° Carmine Santaniello, Direttore del Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino
  • Prof. Agostino Ziino, Presidente della Fondazione Istituto Italiano per la Storia della musica
  • Prof. Antonio Caroccia, Società Italiana di Musicologia

 

Sessione I, ore 15,30, presiede Antonio Caroccia

 

  • Pasquale Marciano – Felice Marciano, “Alessandro Speranza ritrovato” attraverso le carte dell’Archivio Storico Diocesano di Nola
  • Antonio Dell’Olio Passioni napoletane al paragone: Gaetano Veneziano, Pietr’Antonio Gallo e Alessandro Speranza
  • Domenico Sodano, Speranza e le Messe: l’attuazione liturgica di una prassi musicale
  • Angela Fiore – Sarah Iacono, L’amor divino di Alessandro Speranza. Antifone e cantate nel Monastero di Regina Coeli

 

coffee break

  • Maurizio Rea, Musica e pietà popolare al Carmine Maggiore di Napoli al tempo di Speranza
  • Giacomo Sances, L’archivio “inesistente”: Durante, Speranza e Fiodo tra i muti scaffali del Purgatorio ad Arco

ore 19,30 Concerto a cura di Pierfrancesco Borrelli ed Enrico Baiano, con musiche di Alessandro Speranza

 

 

Sabato 21 novembre

 

Sessione II, ore 9,00, presiede Marina Marino

  • Marta Columbro, Aspetti della produzione sacra napoletana del ‘700 all’epoca di Speranza: la pastorale
  • Maria Rosa Massa, Musica e devozione mariana nella Napoli del ‘700: il contributo di Alessandro Speranza
  • Paolo Saturno, Alessandro Speranza e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori: affinità musicali, discrepanze spirituali
  • Paolo Sullo, La scuola di composizione di Alessandro Speranza: dal contrappunto al solfeggio

 

coffee break

ore 12,00, Prospettive di ricerca sulla musica sacra a Napoli nel ‘700: tavola rotonda coordinata da Paologiovanni Maione, con Marta Columbro, Cesare Corsi, Paola De Simone, Angela Fiore, Marina Marino, Francesca Seller

Comitato scientifico: Antonio Caroccia, Francesco Cotticelli, Paologiovanni Maione, Marina Marino, Carmine Santaniello, Agostino Ziino


Resoconto

Una due giorni all’insegna dello studio e dello scambio tra ricercatori quella che ha ospitato venerdì 20 e sabato 21 novembre 2015 al Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino il convegno internazionale “Alessandro Speranza (Lauro di Avellino, 24 aprile 1724 – Napoli, 17 novembre 1797) e la musica sacra a Napoli nel Settecento”.  All’approfondimento sulla figura del musicista di area napoletana, maestro di Nicola Zingarelli, celebre compositore e direttore del Conservatorio di Napoli, a sua volta maestro di Vincenzo Bellini e Saverio Mercadante, hanno partecipato: Luca Cipriano, presidente del Conservatorio “Domenico Cimarosa”; Carmine Santaniello, direttore del Conservatorio “Domenico Cimarosa”; Antonio Caroccia, Società Italiana di Musicologia; Pasquale e Felice Marciano; Antonio Dell’Olio; Domenico Sodano; Angela Fiore; Sarah Iacono; Maria Rosa Massa;  Maurizio Rea; Giacomo Sances; Marta Columbro; Paolo Saturno; Paolo Sullo.

Il convegno, che è stato preceduto dai saluti degli organizzatori, cui si è aggiunta una lettera del presidente della Fondazione Istituto Italiano per la Storia della musica, Agostino Ziino, che non è potuto intervenire, ha messo in luce aspetti diversi degli ambienti in cui si faceva musica a Napoli nel periodo che vide operare il compositore, con particolare riguardo al contesto sacro per il quale Speranza scrisse e nel quale praticò l’insegnamento del solfeggio e del contrappunto.

Ha presieduto la prima giornata del convegno Antonio Caroccia. Gli studi di Pasquale e Felice Marciano (Alessandro Speranza ritrovato” attraverso le carte dell’Archivio Storico Diocesano di Nola) hanno consentito di appurare che il luogo di nascita del musicista non è Palma Campania, in provincia di Napoli, come si è creduto in tutto questo tempo, bensì Lauro, in provincia di Avellino, e che la data va spostata dal vago 1728 al 24 aprile 1724, come riportato dalla trascrizione dell’atto di battesimo ritrovata dagli studiosi all’interno di un fascicolo conservato presso l’archivio diocesano di Nola (NA), redatto in occasione della richiesta di ordinazione sacra di Speranza nel 1754.

Il Comune di Lauro, in seguito a questa nuova scoperta, ha comunicato durante lo svolgimento dei lavori, che con delibera di giunta ha provveduto a intitolare una strada cittadina ad Alessandro Speranza; strada che, felicemente, si trova nei pressi di quella che i documenti ritrovati dai Marciano hanno permesso di identificare come la dimora della famiglia del musicista.

Testimonianze del significato dell’opera di Speranza, in un periodo che vide Napoli al centro della scena musicale europea, sono state portate dai ricercatori intervenuti. Così Antonio Dell’Olio (Passioni napoletane al paragone: Gaetano Veneziano, Pietr’Antonio Gallo e Alessandro Speranza) ha paragonato il musicista ad alcuni suoi contemporanei sul tema del dramma sacro, concludendo che Speranza si mosse sempre in un contesto chiesastico tradizionale e che, nonostante l’uso di variegati toni di recitazione, non cadde mai nella teatralità che sembrava attirare invece i suoi contemporanei. Quella di Domenico Sodano (Speranza e le Messe: l’attuazione liturgica di una prassi musicale) è stata, invece, una testimonianza diretta, frutto di anni di studio musicale e corale sul compositore. Alla riscoperta di Speranza, infatti, ha contribuito il lavoro di trascrizione operato dall’Associazione Polifonica “Santa Cecilia” di Nola, da lui fondata, in particolare di alcune messe, trovate nel fondo “Noseda” del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Nella sua relazione, Sodano ha messo in luce alcuni tratti umani dello Speranza, che risultava «non incline al compromesso», «affettuoso ma non servile verso il maestro» e infine «scevro di ambizione» e che non volle mai eseguire brani non sacri, secondo quanto descritto dalla biografia tracciata dal marchese di Villarosa nelle Memorie dei compositori Regno di Napoli, edito dalla Stamperia Reale di Napoli nel 1840. I tratti musicali di Speranza permettono di rilevare, secondo Sodano, la volontà dell’autore di evitare le arie d’opera anche nella “messa-concerto” perché non confacenti all’azione liturgica, pur avendo introdotto nella messa in Pastorale le terze e la sesta napoletana per facilitare la partecipazione popolare al canto. Un ensemble vocale dell’associazione “Santa Cecilia” ha, quindi, proposto, durante l’intervento, alcuni dei brani citati. L’assonanza che qualche passaggio di questa Pastorale avrebbe, secondo alcuni studiosi, con la nota canzone Quann nascette ninno attribuita a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, secondo Sodano, invece può essere riferita a una melodia popolare molto diffusa che ritroviamo anche in Händel e che non è necessariamente da mettere in relazione alla composizione del santo. Il tema della Pastorale, senza un particolare riferimento a Speranza, è stato ripreso dalla relazione di Marta Columbro (Aspetti della produzione sacra napoletana del ‘700 all’epoca di Speranza: la pastorale), nella seconda giornata di convegno, che per praticità e vicinanza di tema anticipiamo. La Columbro, avendo condotto uno studio su tale tradizione napoletana, e non solo, ha portato esempi di correlazione tra diversi compositori per quel che riguarda l’uso delle melodie legate al canto rivolto dal popolo al Bambino Gesù nel periodo dell’Avvento. Per la studiosa, questa tradizione si sviluppò in tutta Europa, ma a Napoli trovò la sua massima espressione anche in virtù dello stile che venne arricchito della sensibilità partenopea; così da un certo punto in poi la tradizione musicale viaggiò di pari passo con la diffusione del presepe, già presente a Napoli dal ‘400 e dilagante anche nelle forme del “presepe cortese” miniaturizzato, collezionato dalle famiglie nobili a cominciare da quella del re Carlo di Borbone. Il genere della Pastorale venne codificato però solo nel ‘700, ha avvertito la Columbro, e se ne trova una vera e propria campionatura nell’Archivio del Conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli, dove si scopre che la ninna nanna al Gesù Bambino, chiamata anche “nonna”, venne usata anche come parte di messe.

Tornando a Speranza, se ne ritrova la presenza, secondo lo studio condotto da Angela Fiore e Sarah Iacono (L’amor divino di Alessandro Speranza. Antifone e cantate nel Monastero di Regina Coeli) tra i documenti della Biblioteca privata “Giuseppe Pastore” di Lecce, nel monastero napoletano di Regina Coeli. Qui, in qualità di cappellano e maestro di cappella, dal 1773 al 1789 Speranza compose anche musiche per le vestizioni monacali. In particolare, ci sono giunti due manoscritti: la cantata La gara tra la fede e la fortezza e Antifone per la monacazione. Queste due opere ci permettono di indagare l’attività di formazione che lo Speranza svolgeva all’interno dell’istituto religioso. Nonostante le arie che venivano usate in queste occasioni avessero funzione di musica di consumo, per Speranza resta palese l’aderenza completa all’azione liturgica. Mentre il primo dei due componimenti era destinato al momento che succedeva alla monacazione, le Antifone erano composte per il momento della consegna di anello e corona alla fanciulla, durante il rito di vestizione.

Della produzione del musicista, comunque, rimangono testimonianze ridotte e frammentarie che queste ricerche vogliono portare alla luce. È quello che anche Maurizio Rea (Musica e pietà popolare al Carmine Maggiore di Napoli al tempo di Speranza ) e Giacomo Sances (L’archivio “inesistente”: Durante, Speranza e Fiodo tra i muti scaffali del Purgatorio ad Arco) hanno cercato di fare. Rea ha trovato, in una “paranza” citata nella Cronistoria del Carmine di Napoli, la prova dei rapporti tra Speranza, ingaggiato nel 1781 come maestro di cappella aggiunto, e la chiesa del Carmine Maggiore. Per lo svolgimento delle festività legate al culto della Vergine c’era infatti bisogno di assoldare musicisti che venivano cercati anche nei conservatori cittadini.

Secondo Sances, la chiesa napoletana di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco si sarebbe servita dell’opera di Speranza e avrebbe custodito, da quanto si apprende in un inventario dei beni della chiesa redatto nel 1853, un manoscritto originale delle Litanie di Speranza, per tre soprani, due tenori, due bassi, organo e contrabbasso, insieme ad una Messa da morto di Francesco Durante, per due soprani, contralto, uno, due tenori, bassi, organo e contrabbasso, che non viene citata nella produzione del grande musicista. Della messa di Durante non ci sono tracce, per le Litanie di Speranza potrebbe esserci corrispondenza nelle due copie delle Litanie trovate nel fondo “Noseda” dell’Archivio del Conservatorio di Milano e nell’Abbazia di San Bonifacio in Baviera, entrambe attribuite a Speranza. Pare comunque che i due musicisti non avessero mai svolto servizio presso la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco.

La prima giornata si è conclusa con un concerto su musiche di Alessandro Speranza eseguito nella Chiesa di San Generoso ad Avellino, a cura di Pierfrancesco Borrelli, Enrico Baiano e Rosario Totaro, dall’Ensemble del Laboratorio di Musica Antica del Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino. Soprani, Silvia D'Errico, Antonella Firinu, Gisel Lanzillo, Carmen Osato, Mariagioconda Santaniello, Annapaola Troiano; mezzosoprani, Eleonora Brescia, Maria Gesualdi tenori Alessandro Caro, Rosario Totaro; basso, Emanuele Di Vito; violini, Cristina Italia Ambrosone, Francesco Apostolico, Davide Fusco, Antonella Nappi, Vincenzo Corrado; viola, Francesca Scognamiglio; violoncelli, Roberta Di Giacomo, Serena Giordano; contrabbasso, Giuseppe Grimaldi; clavicembalo, Livia Guarino; organo, Alessandro Aquino; direzione e continuo, Pierfrancesco Borrelli.

Un approfondimento sul Salve Regina di Alessandro Speranza è stato proposto, in apertura del secondo giorno di convegno, sotto la presidenza di Marina Marino, da Maria Rosa Massa (Musica e devozione mariana nella Napoli del ‘700: il contributo di Alessandro Speranza), che ha ripercorso dalle origini il culto mariano e la funzione della musica in tale contesto. Il Salve Regina, appunto, ritrovato nel Conservatorio di Napoli e proposto al pubblico durante il concerto che ha concluso la prima giornata di studi, risulta senza testo, ma la bellezza della melodia suggerisce che fosse stato composto per essere cantato. Risulta diviso in quattro sezioni: Kyrie eleison, Mater Dei genitrix, Virgo Virginis e Agnus Dei. La prima e la quarta sono in stile corale. Durante l’esecuzione i maestri Pierfrancesco Borrelli ed Enrico Baiano avevano scelto di far cantare prima la versione gregoriana del Salve Regina per poi procedere con quella strumentale di Speranza, interpretando la volontà liturgica che animava le sue composizioni e suggerendo in questo modo al pubblico il testo. La Massa ha quindi presentato un’attenta lettura critica del brano in relazione all’uso e al contesto storico.

Il recupero di Alessandro Speranza alla pratica musicale è stato anche merito di Padre Paolo Saturno (Alessandro Speranza e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori: affinità musicali, discrepanze spirituali) che, con il Coro Polifonico Alfonsiano e l’orchestra di Alfaterna, ha recuperato le sue opere alcuni anni fa. La testimonianza che padre Saturno ha portato su Speranza ha preso spunto dalla connotazione sacra del musicista che veniva invitato da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori ad insegnare alle fanciulle il canto e il contrappunto, finché finì per fare richiesta di essere ammesso tra i Redentoristi. Questa richiesta non fu accontentata, però, ha raccontato Saturno, perché non fu dato il permesso da Sant’Alfonso che aveva riscontrato nel musicista un “carattere bilioso”, una scarsa istruzione, l’età avanzata e i problemi con i legami familiari, tutti ostacoli alla dura vita monastica. Citando un altro brano eseguito dall’Ensemble di Musica Antica per la serata musicale del Conservatorio, Padre Saturno, ha raccontato la storia del duetto S’adori il sol nascente per due soprani, archi e basso continuo. Questa composizione, risalente al 1770, fu ritrovata cento anni dopo nel British Museum dove era arrivata grazie a Federico de’ Liguori nipote di Sant’Alfonso, allievo di Nicola Zingarelli, a sua volta allievo di Speranza. Probabilmente, Federico sapeva che un altro allievo di Speranza aveva venduto quel manoscritto al Marchese di Southampton.

La funzione di formatore che Speranza ebbe in ambito napoletano è stata analizzata da Paolo Sullo (La scuola di composizione di Alessandro Speranza: dal contrappunto al solfeggio) attraverso le tracce che vi si ritrovano sia nelle biografie del già citato marchese di Villarosa e di Francesco Florimo, sia nella pratica del tempo che, ad esempio, presso il Conservatorio della Pietà dei Turchini, prescriveva l’uso di un primo e di un secondo maestro che dovevano occuparsi, l’uno del solfeggio e l’altro del contrappunto, testimoniando che l’insegnamento del solfeggio era già materia di studio. Difatti, fino ad oggi, non essendo stati trovati nei quaderni di Composizione dell’epoca riferimenti espliciti alla pratica didattica del solfeggio, si dubitava che questo fosse oggetto di insegnamento. Poiché, ha osservato Sullo, il solfeggio era ad uso del canto, è stato in effetti difficile separare questi studi, che vengono ritrovati in raccolte comuni in cui andrebbe fatto ordine. Sullo ha inoltre riferito di aver contribuito alla realizzazione di un progetto dell’Università di Uppsala volto a creare un database delle fonti relative al solfeggio per permettere a tutti gli studiosi di accedere agevolmente a tali risorse.

Alla fine del convegno ha avuto luogo una tavola rotonda coordinata da Paologiovanni Maione, autore di importantissimi studi sul repertorio sacro napoletano, cui hanno partecipato altri illustri studiosi: Marta Columbro; Cesare Corsi; Paola De Simone; Angela Fiore; Marina Marino e Francesca Seller. Sul tema “Prospettive di ricerca sulla musica sacra a Napoli nel ‘700” gli intervenuti si sono confrontati alla luce di quanto emerso dalle due giornate di incontri, ricostruendo ambienti e tradizioni di uno dei momenti più alti della produzione musicale italiana, collocando la figura di Alessandro Speranza in quella che fu l’opera di formazione alla musica, diffusissima all’epoca soprattutto tra i rampolli delle famiglie facoltose o nobili. Le fanciulle di nobile casato, in particolare, hanno evidenziato gli studiosi, erano sottoposte a una istruzione che abbracciava il mondo delle arti e tutte sapevano suonare bene almeno uno strumento, cantare e anche comporre, contrariamente a quanto spesso si immagina riguardo alla figura della donna nei secoli passati. L’attività di Speranza all’interno dei monasteri napoletani testimonia la grande attenzione della Chiesa alla musica come parte fondamentale della formazione di tutti gli operatori ecclesiastici, non solo dei sacerdoti.

Eleonora Davide